M5s sfida i partiti chiedendo lo stop ai doppi incarichi

Ma nella discussione della mozione tante pacche sulle spalle e poca voglia di cambiare nel concreto

La battaglia in aula è appena iniziata, ma il Movimento 5 stelle rischia di ritrovarsi solo. Perché, al di là della condivisione dei principi etici che sottendono la mozione che chiede al Comune di bandire i doppi incarichi e in particolare di non nominare nelle società partecipate persone che abbiano più di un incarico, dotandosi di un codice di autoregolamentazione, non sono emerse finora grani aperture sulla volontà di tradurre il principio in azioni.

«Qual è il motivo per cui abbiamo presentato questa mozione? E’ che crediamo che oltre a una gestione trasparente della macchina amministrativa questa vada applicata anche nelle sue ramificazioni ovvero le partecipate. Vogliamo che il Comune di Pordenone si faccia carico di un atto coraggioso che darebbe lustro all’ente e gli consentirebbe di fare da apripista» ha esordito Samuele Stefanoni. Se il sindaco ha espresso perplessità sull’operatività – «rischiamo di essere più stringenti delle leggi che già ci sono e di precluderci la possibilità di avvalerci di persone valide» – dubbi sono stati espressi da Francesco Ribetti (Fdi) e Francesco Giannelli: «Renzo Piano ha tanti lavori perché è il più bravo di tutti» ha esemplificato e sulle capacità ha insistito anche Mauro Tavella (Fi) che ha parlato «da imprenditore». Dubbi anche da Pn 1291 sulla traduzione del principio, ma da parte di Roberto Freschi e Marco Salvador l’invito all’amministrazione a prendere in mano il tema attraverso un tavolo di lavoro. Fiume e Pd, con Mario Bianchini e Daniela Giust, hanno benedetto il principio e suggerito di proseguire sulla strada dei curriculum introdotta da Pedrotti. Contraria Mara Piccini (Fi), che ha invitato a «non fare una caccia alle streghe».

Mara Turani (M5s) ha parlato con passione dei rischi legati alla moltiplicazione degli incarichi. «Ribetti dice che la nostra è una visione utopica, ma per me questo principio è auspicabile non utopico. Invece si dà l’idea che la convenienza prevalga sull’etica: non dovrebbe nemmeno servire un regolamento perché parliamo di soldi non nostri. Purtroppo il politicamente corretto oggi è scavalcato dal politicamente concesso: se la legge lo consente si può fare. E’ chiaro che a Pordenone, dove uno può avere 16 incarichi, è pieno di geni, ma questo è quello che allontana i cittadini dalla politica – ha rimarcato Turani –. Il voto del 4 dicembre è stato un chiaro segnale, indipendente da chi ha vinto». Danilo Toneguzzi (M5s) ha parlato di una mozione «provocatoria ma molto pragmatica. Nel privato i soldi li mette l’imprenditore che non è disposto a dividere una persona che paga con altri. Nelle società pubbliche, invece, i soldi li mettono i cittadini». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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