Luigina Faion, si lancerà con il paracadute a 81 anni. «Paura? Salgo sugli alberi...»

“Battesimo dell’aria” per la vedova del reduce di El Alamein Piero Di Giusto: «Vorrei che fosse un “grazie” per chi ha fatto tanto per e con mio marito»

Inverno scorso, Luigina Faion, classe 1935, originaria di Chievolis e pordenonese d’adozione, si trovava, come sempre accade il venerdì, nella sede dell’Associazione dei paracadutisti d’Italia. Lì, è di casa: il marito Piero Di Giusto, classe 1918, venuto a mancare qualche tempo fa, era stato inviato in Africa per partecipare alla storica battaglia di El Alamein tra le fila della leggendaria Folgore, di cui è stato uno degli ultimi testimoni.

«Se fossi più giovane, farei un corso di paracadutismo», disse. «Magari un corso no, ma un “tandem” lo potresti fare», rispose il presidente del sodalizio Alessandro Ferrari. Detto e fatto, Luigina Faion non ha esitato. Ha solo atteso la bella stagione, dopo avere espletato una serie di accertamenti sanitari, di cui non avrebbe bisogno, dimostrando palesemente una decina d’anni in meno.

Così, probabilmente domenica – tempo e organizzazione permettendo – la nostra pordenonese doc, si trasferirà, a digiuno, coi figli Massimo e Paolo al campo di volo di Belluno dove compirà la missione straordinaria: lanciarsi da tremila metri. «2 mila – anticipa il figlio Massimo – li scenderà in 40 secondi di caduta libera. Non ci sarà tanto tempo per le emozioni. Alle quali però potrà dare spazio nei cinque minuti successivi che serviranno per atterrare, a paracadute aperto, assieme all’istruttore Christian, da mille metri: silenzio e una indimenticabile vista».

«Paura? Ma no», si schermisce l’ottantunenne, un passato alla Zanussi e oltre vent’anni dipendente del Comune di Pordenone. Lo stesso giorno si lancerà anche la nipote Elena, 25 anni. «Credo che di sicuro – sorride la donna – sarà emozionante». Il marito fu tra i fondatori della sezione di Pordenone dell’Anpdi: «Hanno fatto tanto per lui, come segno di riconoscenza, ma anche di appartenenza a una passione che ci accomuna, ci siamo iscritti. Se Piero non fosse stato parà, probabilmente nemmeno io avrei potuto realizzare questo sogno. Con dolore per non averlo più con me – va indietro nel tempo – ma anche con gioia, penso ai nostri cinquanta e oltre anni passati insieme. Era un uomo grande, buono, generoso, simpatico e di buona compagnia».

Luigina è socia onoraria con basco. Col marito, nei campi di lancio era di casa. Assieme a Massimo: per lui il “battesimo dell’aria” è avvenuto a Campoformido: «Pensai di arruolarmi nei parà – racconta – ma papà diceva che bastava un matto, in famiglia». La mamma, sinora, si era fermata al “volo”: «Seduta a terra, nell’aereo, col portellone aperto. Mica avevo paura, sa... era divertente», ricorda.

Con le cose che stanno per aria ha abbastanza confidenza: raccontano che si sia vista più volte a 5 metri di altezza per potare la cima della magnolia: «È fatta così bene che sembra di salire e scendere le scale», puntualizza sconsigliata dal ripetere tale “manovra”. Ben diversa sarà quella di domenica, che voleva tenere nascosta anche ai figli. Ma l’avrebbe combinata troppo grossa...

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