Lucrò sulle adozioni, 8 mesi all’ex presidente

Accusata di appropriazione indebita di 46.500 euro dall’associazione Senza Frontiere che aveva guidato per due anni
Di Luana De Francisco
ANTEPRIMA UDINE GENNAIO 2002 TRIBUNALE NUOVO TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA
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La denuncia era scattata poco dopo le sue dimissioni. Ritenendola responsabile di una serie di ammanchi di bilancio, l’associazione di volontariato udinese “Senza Frontiere” aveva contestato all’ex presidente Cristina Pavan, 57 anni, di Camino al Tagliamento, prelievi e spese ingiustificati per un ammontare di poco meno di 46.500 euro. Ieri, il tribunale ha confermato la tesi accusativa, riconoscendola colpevole di appropriazione indebita aggravata e condannandola a 8 mesi di reclusione e 300 euro di multa.

Il dispositivo è stato emesso dal giudice monocratico Angelica Di Silvestre, che ha condizionato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento dei danni materiali e morali all’associazione, costituitasi parte civile con l’avvocato Martino Benzoni, per complessivi 51 mila euro - a fronte dei 70 mila richiesti -, da versarsi entro dieci mesi dall’irrevocabilità della sentenza. Il pm aveva chiuso la discussione sollecitando la condanna a due anni di reclusione. Nel respingere in toto la ricostruzione della Procura e qualsiasi ipotesi di depauperamento dei conti del sodalizio, la difesa rappresentata dagli avvocati Michela Fabbro e Alberto Tedeschi aveva insistito invece per l’assoluzione.

La presidenza di Cristina Pavan era cominciata nel 2011 e si era protratta fino all’ottobre del 2013, portando da subito notevole impulso alle adozioni internazionali - specie dal Brasile e dalla Colombia -, e nazionali sostenute dall’associazione a favore di decine di coppie friulane nel corso della sua trentennale attività, insieme a una serie di progetti in Paesi in difficoltà come Haiti. È proprio in quell’arco di tempo, quando il suo ruolo le consentiva di disporre di una carta di credito, un postamat e un bancomat, oltre che di un telefono cellulare, un computer, un notebook e un navigatore, che il pm Barbara Loffredo ha collocato la serie di prelievi in contanti per un totale di 40.432,82 euro, tutti realizzati nel 2013, e acquisti personali per altri 6.026,95 euro, effettuati con le tessere nel corso del triennio.

È toccato ai difensori ricordare come l’attività prevedesse una diaria di 80 euro al giorno, se svolta in Italia, e di 120 euro, per i viaggi all’estero, ed evidenziare come buona parte del contante prelevato e finito sotto la lente della Guardia di finanza andasse semplicemente a compensare quella stessa diaria, su cui la presidente aveva spesso maturato un credito. Rispetto a un’altra significativa fetta delle somme in contestazione, i legali hanno spiegato trattarsi di denari mandati ai collaboratori professionisti esteri che si occupavano in loco delle pratiche di adozione. Tutte operazioni puntualmente contabilizzate.

«Avremmo potuto ricostruire ciascun prelievo e dimostrare così la correttezza dell’operato della nostra cliente – ha affermato la difesa –, ma, dopo la sua uscita di scena, non le è stato più consentito di accedere agli uffici e consultare le agende. I bilanci, comunque, sono sempre stati trasparenti e approvati anno dopo anno». Lette le motivazioni, i legali valuteranno l’eventuale impugnazione della sentenza.

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