L'oro di Londra, poi la nuova vita di Molmenti: «Facciamo crescere in città i campioni del futuro»

PORDENONE. Di solito le medaglie si appuntano sul petto. Quelle olimpiche, specie se d’oro, ancor più.
A Pordenone, invece, l’unica medaglia d’oro olimpica della storia è “nascosta” in un ufficio di viale Marconi, con affaccio sulle polveri di un cantiere.
In viale Marconi 15, infatti, ha sede il Canoa club Naonis, emanazione della Golden Eagle, ciò che è rimasto, di fatto, della scia di quelle magiche pagaiate del 2012.
Ieri si sarebbe dovuto chiudere il primo weekend olimpico a Tokyo. L’oro, quest’anno, è purtroppo andato al Covid, ma Daniele Molmenti non è tipo da perdersi in rimpianti: «L’obiettivo è chiaro - scandisce da direttore tecnico della Nazionale –. Tokyo ’21, medaglie a Parigi e poi ritorno a Pordenone, dove mi piacerebbe far crescere i campioni del futuro».
Già, Pordenone. Che ne è stato del rapporto fra la città e la sua gloria, celebrata in piazza XX Settembre con tutti gli onori, otto anni fa, al rientro da Albione?
«Sarebbe tutto pronto per partire, ma non riusciamo ad andare oltre le parole. Il rapporto con questa amministrazione comunale è ottimo, più volte abbiamo discusso di come pianificare la valorizzazione dello sport sul fiume e del contributo che potrei dare. Però il tempo passa e non è stata ancora trovata una soluzione».
Cosa serve, di fatto? «Un approdo. Un luogo dove realizzare un deposito per le canoe e cominciare l’attività coi ragazzi, che sono sempre di più, nel rispetto delle regole che tutelano le zone esondabili. Basterebbe anche una chiatta, di fatto, per risolvere il problema dell’innalzamento del fiume. Una via d’accesso all’acqua e un percorso dove poter far esercitare i giovani della società».
Nell’attesa, Molmenti vive appieno il suo capitolo romano. Da direttore tecnico della Nazionale ha rivoluzionato metodologie d’allenamento e ottimizzato costi e risultati della Federazione. Ha detto no alla Cina, che avrebbe voluto esportarne e copiaincollarne il sistema, prima di ringraziarlo e proseguire da sola, una volta acquisito il know how. Daniele, però, è rimasto in Italia e a settembre potrebbero finalmente arrivare l’atteso riconoscimento della sua professionalità, un ruolo da direttore sportivo e un compenso degno di questo nome. «Vorrei vivere appieno questi anni – pianifica lui – almeno fino a Parigi 2024. Poi ripartire dalla mia terra e portare l’agonismo in una realtà che spero, per allora, decollata e cresciuta come numeri e infrastrutture».
Chi l’ha capito è il vescovo di Concordia Pordenone Giuseppe Pellegrini, che a Molmenti ha offerto un approdo dietro al parco del seminario, conscio che la medaglia d’oro olimpica di Londra saprebbe valorizzare l’area e caratterizzarla per la pratica sportiva e il rispetto dei valori cristiani. Uomo e campione di fede, Daniele non ha mai nascosto questo lato della sua personalità e con il vescovo i rapporti sono ottimi. Lui, però, aspetta che gli incontri con gli assessori Amirante e De Bortoli e la stima, ricambiata, del sindaco Ciriani si traducano in progetti concreti.
Chi una proposta, oltremodo concreta, l’ha intanto messa sul tavolo è il Panathlon club Pordenone, sotto la presidenza di Massimo Passeri, socio titolare della Generali Dante a Pordenone e sportivo di cuore e di rango (ha completato da maratoneta, e con tempi eccellenti, tutte e sei le Majors, le più grandi 42 chilometri al mondo): istituire una Hall of fame delle medaglie olimpiche e paralimpiche e delle glorie dello sport di questa terra.
Il Comune pare averla accolta con favore. Speriamo sia il primo passo. La prima pagaiata verso una nuova alba. Un mattino, di nuovo, con l’oro in bocca.
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