Lo statutpo dei contribuenti: "Ecco come affossano i diritti dei tartassati"

UDINE. «La notizia non giunge inaspettata ma dopo anni di sofferenze. Era malato da tempo lo Statuto dei diritti del contribuente ma ha lottato fino all’ultimo per sopravvivere finché, alla soglia dei 17 anni, ha esalato il suo ultimo respiro».
Il vagito dello Statuto
Esordisce così Marcello Orsatti, responsabile del servizio fiscale di Confindustria Udine, in una sorta di “necrologio” per l’addio - nei fatti - di una legge voluta per imporre, al Fisco, il rispetto dei diritti dei cittadini. «Nato il 27 luglio del 2000 (sotto il segno del leone, ben augurante per le imprese che lo attendevano), Statuto era il primo figlio legittimo di un “matrimonio” celebrato, dopo anni di corteggiamento, tra lo Stato, nella veste di soggetto impositore e il contribuente, inteso come qualsiasi soggetto tenuto al versamento di imposte. Attesa da molti anni, la nascita di Statuto fu accolta con molto entusiasmo (soprattutto dai contribuenti) e qualche scetticismo da alcuni dei parenti più stretti (parte della dottrina fiscale) che lo ritenevano troppo debole per affrontare le sfide che la vita gli avrebbe riservato».
Legge dello Stato
Le ambizioni del giovane Statuto erano importanti e chiaramente espresse nell’articolo 1: “Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”. «Nessuno prima aveva osato tanto ed i suoi più fervidi sostenitori riponevano grandi speranze affinchè Statuto contribuisse a realizzare un sistema fiscale italiano più semplice e rispettoso dei diritti dei contribuenti - osserva Orsatti -. E fu così che, appena venuto alla luce, Statuto cominciò a divulgare i suoi principi fondamentali suscitando l’acclamazione delle folle e lo scherno degli scettici».
Norme chiare e trasparenti
All’articolo due spiegava che «le disposizioni tributarie devono essere chiare e trasparenti (non devo avere una laurea per capirci qualcosa); prevedeva che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo (ovvio, comunque meglio precisarlo); che le modifiche ai tributi periodici (Iva, Ires, Irap) si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo (bene, così ho il tempo per recepirle e adeguarmi)». Definiva anche che le nuove disposizioni non potessero prevedere adempimenti prima del 60° giorno della loro entrata in vigore.
Non si chieda se si ha già
Orsatti ricorda anche che Statuto chiariva che «non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi ne prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti (vabbè l’urgenza ma prima il rispetto)». E per dare un colpetto alla burocrazia, aveva scritto nero su bianco che il Fisco non può chiedere ai contribuenti documenti e informazioni di cui l’amministrazione pubblica è già in possesso.
Ma il gettito vale di più
«Ora, chiunque abbia avuto a che fare col sistema fiscale italiano - prosegue Orsatti -, scorrendo l’elenco avrà sorriso amaramente» perchè sconratosi con la prova dei fatti. Il legislatore fiscale sin da subito ha ignorato lo Statuto per privilegiare le esigenze di gettito che dovevano garantire al bilancio dello Stato la sopravvivenza. «La situazione si aggravò rapidamente quando il legislatore fiscale sfoderò la più potente arma anti Statuto mai concepita: la lotta all’evasione! Sotto il vessillo della lotta all’evasione, il legislatore cominciò ad emanare una serie di provvedimenti in totale spregio dei principi di correttezza fiscale enunciati da Statuto», rileva Orsatti.
Il sabotaggio
Le condizioni di salute del nostro Statuto si sono aggravate a causa di altri provvedimenti come, ad esempio, «l’introduzione dell’obbligo di invio trimestrale di liquidazioni Iva e fatture a fronte dell’eliminazione di alcuni adempimenti tra cui l’Intra acquisti, poi reintrodotto con un comunicato stampa di Agenzia Entrate/Dogane e Istat a pochi giorni dalla scadenza di febbraio; Legge di Bilancio 2017: decurtazione dall’agevolazione Ace dell’incremento di “titoli e valori mobiliari” con effetto retroattivo al 2016. Bilanci e imposte 2016: nuovi Oic pubblicati a fine dicembre 2016 con effetto retroattivo dal primo gennaio 2016 e norma di coordinamento per il calcolo di Ires e Irap 2016 pubblicato in Gazzetta ufficiale a fine febbraio 2017».
Il colpo di grazia
«Ma il colpo di grazia al povero statuto gliel’ha dato la Manovra correttiva. Imposta da Bruxelles per recuperare 3,4 miliardi di gettito - spiega Orsatti -, la Manovra approvata a giugno 2017 contiene: la riduzione di 2 anni dei termini per la detrazione Iva con effetto retroattivo a tutte le fatture datate 2017; l’estensione dello split payment a tutti gli enti pubblici e alle loro controllate e collegate oltre che alle quotate nel Fitse Mib; l’aumento degli acconti Ires a 2 settimane dalla scadenza per effetto della riduzione dell’Ace 2017; il blocco delle compensazioni tramite home banking e l’obbligo di visto di conformità per le compensazioni sopra i 5.000 euro. Interrogata sulla decorrenza di quest’ultima disposizione, l’Agenzia delle Entrate ha tenuto a precisare che: “Dovendo, dunque, fare applicazione dei principi generali previsti dall’ordinamento, in primis quello secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire (cfr. l’articolo 11 delle preleggi), se ne trae che le nuove norme trovano applicazione per tutti i comportamenti tenuti dopo la loro entrata in vigore e, pertanto, alle dichiarazioni presentate dal 24 aprile 2017”.
Quindi decorrenza immediata dal giorno stesso della pubblicazione del decreto Legge senza minimamente tenere conto dell’esistenza dello Statuto». Né ovviamente delle sue disposizioni: no a nuovi adempimenti con effetto retroattivo, no a norme ad entrata in vigore immediata, ecc. «Credo - è l’ironica considerazione di Orsatti - che per Statuto l’essere ignorato a favore delle preleggi sia stato troppo, e abbia esalato l’ultimo respiro». Ma forse tornerà. (e.d.g.)
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