Lite in moschea, Carabinieri e polizia al centro islamico

Ognuno crede di avere diritto e potere di sfiduciare l’altro. Le forze dell’ordine procederanno a querela di parte

PORDENONE. Prima le preghiere in moschea e poi la lite nel Centro islamico a Pordenone. Ieri poco dopo le 14 in Comina, l’intervento dei carabinieri, con la polizia di rinforzo, ha stroncato lo scontro verbale fra due gruppi di musulmani ai ferri corti da mesi: in ballo la leadership del Centro culturale, che raccoglie circa 2 mila fedeli di Allah.

«Venite subito – ha dato l’allarme l’imam Mohamed Hosny – c’è una lite in corso sul piazzale del Centro. Sono usciti alcuni del vecchio direttivo: ci offendono e impediscono il confronto al nostro nuovo direttivo». L’intervento delle forze dell’ordine ha riportato alla calma sul piazzale della moschea e, dopo i verbali di rito, gli islamici hanno pregato in moschea.

LO SCONTRO

«Il direttivo non è quello dell’imam Hosny: lui è stato sospeso dal suo incarico il 23 dicembre – hanno ribattuto i vertici dello storico direttivo Alfred Shemshiri e Abdhulla Bendriss –. Non ha poteri di sciogliere il gruppo che gestisce il Centro culturale islamico di Pordenone. Provoca e – sempre secondo Shemshiri e Bendriss – ha avuto anche tre denunce per offese da altri fedeli».

«Guido le preghiere in moschea fino al tramonto – non ha perso la grinta, ieri, l’imam –. Le ho recitate alla comunità dalla mattina alla sera”. Si chiamano “fratelli” nel nome di Allah e pregano ma la pace è lontana. I giochi di potere sono irrisolti intorno a un valore religioso assoluto, che sembra la punta di un iceberg di interessi terreni». L’unica certezza è che Pordenone sta assumendo un consistente peso numerico fra le comunità islamiche a Nordest.

L’IMAM

L’imam Mohamed Hosny vuole un nuovo corso che coniughi integrazione e dialogo: ha convocato l’assemblea generale straordinaria per eleggere un nuovo direttivo il primo febbraio 2020. All’ordine del giorno c’è anche il diritto alla parità di genere e non si escludono donne nel futuro direttivo: due erano ieri a fianco dell’imam sul piazzale della moschea. «Condanno l’integralismo, dico sì alla pace, no alla violenza e via libera all’assemblea generale il primo febbraio 2020 – ha proseguito Hosny –. Ero all’oscuro dell’identità dei relatori integralisti nel convegno, poi annullato, in novembre».

Dallo scorso novembre la rottura tra i due gruppi è stata definitiva. «La discussione – ha detto ancora l’imam – va avanti da mesi nella moschea. Più di un terzo dei soci del centro islamico ha deciso di convocare l’assemblea. L’ordine del giorno prevede l’annullamento dell’assemblea del 17 settembre 2017 e delle relative delibere, perché convocata senza rispettare le norme dello statuto. Ci sarà la presentazione e la discussione del bilancio consuntivo e preventivo, di tutti gli anni passati».

Una commissione sarà eletta per adeguare lo statuto al codice del terzo settore. «Discuteremo le proposte per allineare la vita dell’Associazione culturale islamica a quanto previsto dagli articoli 3, 37, 51 della Costituzione Italiana sulla parità di genere – ha concluso l’imam –. Poi, ci sarà l’elezione del nuovo direttivo».

IL DIRETTIVO STORICO

«Assemblea generale convocata il 20 gennaio 2020 – ha invece anticipato ieri la data il presidente Shemshiri – e senza la presenza dell’imam Hosny. I nostri bilanci sono sempre stati trasparenti e affissi in bacheca, dal 2009 al 2019. Le donne sono integrate: otto insegnano nella scuola di arabo». Il portavoce del Centro islamico Omar Baaza lo ha ribadito: «L’imam è stato sospeso dal suo posto di lavoro per cinque giorni il 23 dicembre. Il rapporto di lavoro è stato congelato e le obbligazioni reciproche sono sospese. Quindi non deve più recarsi al suo posto di lavoro in moschea e nemmeno eseguire mansioni professionali». Nei giorni di sospensione l’imam si è invece recato, come ieri, nel Centro in Comina. «Hosny non ha il potere di convocare l’assemblea generale – ha proseguito il portavoce –. La nostra comunità ha sempre operato per l’integrazione, la pace, il culto e la solidarietà a Pordenone».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto