L'INTERVENTO "Upim senza i portici: ritorno all’antico nel progetto Moneo" Foto

Fanno discutere le soluzioni proposte dall’architetto ma ci sono anche idee che richiamano la storia cittadina
Udine 07 gennaio 2012 upim Copyright PFP/Turco
Udine 07 gennaio 2012 upim Copyright PFP/Turco

UDINE. A giudicare dalle numerose lettere apparse sulle pagine del Messaggero Veneto in queste ultime settimane, la pubblicazione delle immagini del progetto per il nuovo Upim continua a suscitare opinioni critiche: in particolare viene valutata negativamente l'assenza, nel nuovo progetto, dei portici, considerati elemento di pregio del centro città. Trascurando le considerazioni di ordine estetico che implicherebbero ragionamenti più complessi, desidero soffermarmi appunto sulla questione dei portici.

I portici sono una caratteristica delle città del Nord Italia nati in epoca medioevale a protezione delle zone in cui si tenevano i mercati. Come tutti possono osservare, infatti, i portici non sono quasi mai rettilinei in quanto seguono gli antichi tracciati delle strade e si caratterizzano per la variazione delle facciate e del ritmo delle arcate dalla tipologia molto varia: accade di vedere portici romanici e gotici accanto a portici rinascimentali, neoclassici e moderni.

Una delle principali caratteristiche delle zone porticate è la loro continuità: i portici debbono cioè essere presenti senza soluzione di continuità su uno o ambo i lati di una strada o di una piazza, caratteristica che, come è intuibile, non può essere dettata a posteriori, ma deve essere presente sin dall'origine della strada o della piazza. Così Mercatovecchio, piazza San Giacomo e via Vittorio Veneto devono gran parte del loro fascino alla presenza del portici che, con l'esclusione di episodi singoli (l'abside del Duomo in via Vittorio Veneto o il fronte occidentale di piazza San Giacomo con la “doppia” chiesa che forma una straordinaria quinta architettonica) sono caratterizzati dalla continuità e dalla presenza di diverse tipologie e ritmi formali.

Altre strade della città storica al contrario ne sono prive: in parte tale fatto è dovuto alla presenza di palazzi nobiliari (si pensi alle vie Manin, Zanon e Savorgnana) o alla presenza di attività commerciali più minute come nelle vie Rialto, Cavour, Poscolle e Grazzano solo per citare alcuni esempi. Ciò non toglie che si tratti di contrade e borghi altrettanto significativi della città storica e non meno pregevoli di quelli porticati.

Privo di portici era anche l'isolato cinquecentesco compreso tra le vie Rialto, Lionello e Cavour prima che Raimondo D'Aronco, con il nuovo palazzo municipale, introducesse un quadriportico gigante (a ben vedere fuori scala rispetto al tessuto edilizio circostante) che lo conclude su tutti e quattro i lati.

Anche l'architetto Provino Valle ricostruendo negli anni Venti l'isolato dell'Ina Assitalia tra piazza XX settembre e via Cavour, distrutto nel corso della prima guerra mondiale, progetta portici lungo i tre lati principali mentre porta la facciata a filo strada lungo via Nazario Sauro rettificata e allargata in tale occasione.

Al contrario, nella realizzazione - dello stesso periodo - del cinema Eden ad angolo tra via Cavour e via Bellona, l'architetto Valle opta per facciate prive di portici in continuità con le casette di piazza Libertà da una parte e con gli edifici contigui di via Cavour dall'altra, giustamente considerando l'antico allineamento una caratteristica della città storica da salvaguardare.

Nel secondo dopoguerra il Comune di Udine con il Piano Regolatore del 1958 introduce in alcune strade del centro città (Poscolle, Cavour, Savorgnana, Stringher e Rialto) l'obbligo di rettifiche e allineamenti e la previsione di portici: si tratta di un vincolo che si attua a mano a mano che gli edifici, compresi nell'ambito interessato, vengono demoliti per essere ricostruiti con il risultato di vedere, negli anni seguenti, nascere porticati - vere e proprie ferite nella struttura urbana - che interessano uno o più edifici senza alcuna continuità con gli altri della medesima strada. E così sul lato meridionale di via Rialto, dove una volta sorgeva il vecchio albergo Croce di Malta, viene realizzato un moderno condominio di maggiore volumetria rispetto al precedente, ma dotato di un ampio porticato fine a se stesso, mentre sul lato settentrionale di via Cavour vengono realizzati portici (libreria Moderna e dintorni) che si concludono contro l'edificio che ospita l'antica farmacia dell'Aquila Nera e la vicina casa Pasquotti fortunatamente rimasti integri.

Bisognerà attendere la fine degli anni '80 perché si affermi il principio che nel centro storico sono ammissibili unicamente interventi di “restauro” (e, come è evidente, l'apertura di un portico in un edificio che ne era privo non può certamente essere giudicato “restauro”) per liberare il centro città da questa norma deleteria.

Il palazzo dell'Upim del 1958-60 (che oltre al sito del cinema Eden coinvolge le altre case di via Cavour sino a via Savorgnana) nasce in questo clima. E proprio i portici, di cui l'edificio è stato dotato, rappresentano a mio modo di vedere uno degli aspetti qualitativamente meno pregevoli, a partire dal fronte principale su via Cavour dove il porticato, per quanto imponente, risulta schiacciato da quello prospiciente del D'Aronco sopraelevato di 4-5 gradini rispetto al piano stradale (per un confronto si osservi come in via Rialto - simmetrica rispetto a palazzo D'Aronco - la continuità delle fronti a filo strada degli edifici storici rispetto al porticato del municipio risulti meno sbilanciata e più gradevole).

Per non parlare del “voltatesta” dell'Upim su via Savorgnana dove, per una quarantina di metri, il porticato viene sostituito dall'arretramento del piano terra con l'effetto di creare un “vuoto” che nemmeno lo sbalzo dei piani superiori riesce ad assorbire creando un infelice collegamento con i prestigiosi palazzi storici adiacenti.

Ora il progetto dell'architetto Moneo eliminando il porticato e riportando l'edificio, per quanto possibile, sull'antico allineamento ha giustamente scelto di evitare il confronto con il palazzo D'Aronco relegandolo a una sorta di “evento” concluso e non riproducibile. Per contro, disegnando una galleria interna, che attraversa diagonalmente il palazzo, Moneo realizza un nuovo e più stimolante collegamento tra via Cavour, il giardino Morpurgo e piazza Duomo assieme una sorta di invito a “sperimentare” la nuova architettura dall'interno. In quest'ottica anche l'assenza del “taglio” dell'angolo verso piazza Libertà (presente nella prima versione del progetto) va interpretata come l'inquadramento dell'edificio nell'antica struttura urbana senza concessioni nostalgiche al recente passato. Concludendo, non sempre “porticato” equivale a “bello”, con buona pace dei numerosi “critici” udinesi.

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