L’infermiere orco del Burlo condannato a 7 anni e 6 mesi

Alla fine è arrivata la condanna: sette anni e sei mesi. Così si è chiusa la prima parte della vicenda giudiziaria di Mauro Cosolo, l’insopettabile infermiere sessantenne del Burlo ritenuto responsabile di atti sessuali con minorenni

Alla fine è arrivata la condanna: sette anni e sei mesi. Così ieri pomeriggio si è chiusa la prima parte della vicenda giudiziaria di Mauro Cosolo, l’insopettabile infermiere sessantenne del Burlo Garofolo di Trieste, ritenuto responsabile di atti sessuali con minorenni, tra cui anche due udinesi, perché filmava le loro parti intime con una penna telecamera mentre si trovavano in sala gessi dell’ospedale infantile.

A leggere il dispositivo il gup Luigi Dainotti, che ha ridotto di poco più di un anno le richieste del pm Pietro Montrone al termine del processo celebrato con rito abbreviato. Il rappresentante dell’accusa aveva chiesto una condanna a otto anni e otto mesi di reclusione.

Per quanto riguarda le parti civili il giudice ha disposto un risarcimento variabile a seconda della gravità del singolo episodio: da un minimo di 1500 euro al massimo di 40 mila euro su un totale di 25 parti offese, ovvero vittime delle ispezioni con la telecamera dell’infermiere. Per ognuno dei genitori è stato disposto anche il risarcimento di 5 mila euro.

Ma l’ex infermiere dovrà anche pagare 30 mila euro al Burlo, il suo vecchio datore di lavoro. Una somma rilevante, che, con ogni probabilità, rimarrà solo sulla carta. Perché Cosolo, da quando è stato licenziato, non ha più alcun reddito. Già qualche mese fa gli avvocati di parte civile, vista l'entità della somma in palio e il timore che Cosolo non paghi quanto disposto dal giudice, avevano chiesto e ottenuto il sequestro conservativo di un appartamento di sua proprietà in via Crispi.

In ogni caso, sempre nell’eventualità di una condanna, a garantire il risarcimento eventuale ad alcune vittime che hanno chiesto il gratuito patrocinio, sarà lo Stato, che difficilmente riuscirà a rivalersi sull’infermiere. L’uomo peraltro, hanno annunciato i difensori, gli avvocati Raffaele Leo e Marta Silano, dopo il deposito delle motivazioni, ricorrerà in Appello. Inoltre il giudice Dainotti, pur riconoscendo le attenuanti generiche, ha disposto il divieto di avvicinamento di minorenni per un anno al termine della pena.

Ieri, all’udienza a porte chiuse, Cosolo era presente in aula. Seduto vicino ai difensori, imperturbabile, ha ascoltato la sentenza. Poi quando è uscito, ha abbracciato la moglie che lo aspettava, ed è rimasto in silenzio. Nel folto gruppo di avvocati di parte civile, accanto ad Alessandro Calienno e Filippo Mansutti, del foro di Udine, anche Elisabetta Burla, William Crivellari, Alessandro Cuccagna, Gianluca Brizzi, Antonio Santoro, Matteo Quaglia e Gabriella Frezza. Presente in aula anche l’avvocato del Burlo Guido Fabbretti.

La vicenda, sebbene esistano delle segnalazioni risalenti al 2007 oggetto di un procedimento stralcio, è esplosa nel settembre 2015 quando una 12enne che si era rotta la gamba era arrivata al Burlo con la mamma. La ragazzina era stata accolta nell’ambulatorio del reparto di ortopedia e, dopo la visita dello specialista, affidata all’infermiere della sala gessi.

Cosolo, appunto. Secondo la denuncia presentata da sua madre, l’infermiere si era comportato in modo sospetto e aveva in mano una particolare penna che sembrava una telecamera. La donna si era rivolta al medico della struttura Marco Rozzo che, a sua volta, aveva attivato la Direzione sanitaria.

Era partita la segnalazione e gli investigatori della Mobile, su incarico del pm Pietro Montrone, avevano immediatamente avviato le indagini. Pochi giorni dopo un’altra bambina, portata in sala gessi dopo essersi rotta un braccio, era stata avvicinata da Cosolo, entrato in azione con la sua penna telecamera passandola sotto il lenzuolino che copriva la paziente.

La bambina e la madre, in quel caso, non si erano accorte di nulla. Ma tanto era bastato ai poliziotti. Nell’abitazione dell'infermiere, perquisita pochi giorni dopo, gli agenti avevano trovato 251 video e oltre 2 mila fotografie scattate a inconsapevoli bambine durante le visite.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto