L’infermiera è indagatadalla Procura di Udine
L’infermiera che ha posto sul proprio profilo di Facebook foto di colleghi e di alcuni ammalati nella terapia intensiva della cardiochirurgia di Udine, è iscritta nel registro degli indagati per l’ipotesi di reato di interferenze illecite nella vita privata.

UDINE.
Jennifer Millia, l’infermiera che ha posto sul proprio profilo di
Facebook
fotografie di colleghi e di alcuni ammalati intubati nella terapia intensiva del reparto di cardiochirurgia dell’ospedale di Udine, dove lavora, è formalmente iscritta nel registro degli indagati per l’ipotesi di reato di interferenze illecite nella vita privata. Per l’avvocato Stefano Benetti, difensore della donna, si tratta di «un atto dovuto, anche per il clamore mediatico che la vicenda ha avuto».
«È giusto che la Procura indaghi per verificare se ci sono profili di reato, che – ha aggiunto – io non ritengo esserci. Esamineremo il capo di imputazione; siamo pronti a difenderci, nonché aperti a qualsiasi chiarimento con la Procura e con l’Azienda ospedaliero-universitaria».
Sul caso, l’Azienda di Udine aveva aperto un’inchiesta interna, che è tuttora in corso e della quale il difensore di Jennifer Millia ha detto di voler attendere l’esito. «Confido – ha concluso – che la vicenda si concluda positivamente per la mia assistita».
Goriziana di 29 anni, Jennifer Millia è stata già ascoltata dagli investigatori della Polizia postale di Udine che hanno consegnato sabato scorso un rapporto informativo alla Procura di Udine. Titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Barbara Loffredo.
«Per il momento l’iscrizione nel registo degli indagati, avvenuta sabato, è soltanto per lei – ha aggiunto il procuratore Biancardi –. Bisognerà valutare se eventualmente potrà esserci un “concorso” nei due reati, ovvero anche in quello della violazione della privacy. Per il momento riteniamo di poter escludere questa ipotesi. Per quello che posso dire, non sono previsti atti particolari d’indagine. Esistono appunto ipotesi di indagine, anche per vedere se c’è un concorrente nel reato, che non è stato iscritto».
L’iscrizione nel registro degli indagati è l’atto formale con il quale la procura apre un fascicolo individuando un possibile “colpevole”. La persona sottoposta a indagini, quindi, non ha ancora ricevuto una informazione di garanzia che, seppure in sintesi, formalizza una “condotta reato” e serve a svolgere indagini che necessitano delle garanzie difensive, come l’interrogatorio o la perquisizione.
Tra gli aspetti rimasti ancora senza risposta e ai quali stanno lavorando gli investigatori c’è appunto l’individuazione della persona che, tra i 124 utenti ammessi a visitare il profilo Facebook dell’infermiera, risulta aver estrapolato dalla casella telematica e rilanciato nella rete le immagini finite al centro dello scandalo. Si fa riferimento a immagini scattate da suoi colleghi a fini didattici, cioè per illustrare l’attività nelle Terapie intensive, e conservate in un archivio elettronico, dal quale l’infermiera ha detto d’averle prese per conservarle nel proprio album telematico.
Chiunque sia l’“amico” che ha trasferito le foto nella rete, per il procuratore capo quella è stata «niente più che una forma di esibizionismo». «La mania di protagonismo – ha già detto Biancardi – di una persona che evidentemente non sa neppure usare bene le tecnologie».
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