L'inchiesta sugli appalti truccati: una regia di cinque ditte, tutti i documenti al setaccio

GORIZIA. C’è una task force di trenta finanzieri pronta a fare le pulci alle migliaia di documenti sequestrati mercoledì e relativi a più di 150 appalti pubblici.
Gare sulle quali avrebbe messo le mani la “cupola” formata da un manipolo di ditte friulane e venete che, secondo l’impianto accusatorio disegnato dalla Procura di Gorizia, si spartivano da tre anni i principali lavori pubblici nel Nordest e in parecchie altre regioni. Asfaltature di strade, banchine di porti, piste dei principali aeroporti di Fvg, Veneto ed Emilia Romagna.
Il pool è stato costituito nelle scorse ore per esaminare gli incartamenti raccolti dalle Fiamme gialle isontine e confluiti nelle scorse ore da tutta Italia (sono quattordici le regioni coinvolte nell’inchiesta) alla caserma Sante Laria, sede della Compagnia di Gorizia della Gdf.
In questa prima fase i finanzieri si occuperanno di catalogare e suddividere il materiale sequestrato, prima di partire con l’analisi documentale prevista dall’attività di polizia giudiziaria economica-finanziaria coordinata dal sostituto procuratore titolare dell’inchiesta, il pm Valentina Bossi.
Fonti inquirenti fanno sapere che saranno necessari almeno quattro mesi per completare l’attività di analisi dei faldoni, anche considerato l’ampio spettro dei reati contestati (associazione a delinquere, turbativa d’asta, inadempimenti e frodi nelle pubbliche forniture, violazioni nelle leggi sui subappalti e concussione) e la distribuzione sul territorio nazionale degli appalti oggetto dell’inchiesta, scattata diciotto mesi fa dopo i controlli sulle procedure di subappalto dei lavori di riqualificazione di corso Italia, a Gorizia.
Gli accertamenti hanno permesso di individuare le condotte oggi sotto la lente d’ingrandimento: un ristretto gruppo di aziende friulane e venete si accordava, secondo l’accusa, per dividersi gli appalti, coinvolgendo anche ditte di dimensioni più modeste, spesso individuate tra quelle che operavano nei territori dove i lavori dovevano essere eseguiti.
Accordi che maturavano nell’ambito di un circuito chiuso, che alteravano la libera concorrenza alla base delle procedure pubbliche. Il nucleo portante dell’intera attività investigativa è rappresentato da un numero esiguo di aziende che muoveva i fili dell’intero meccanismo, «non più di quattro o cinque ditte con sede legale in Friuli Venezia Giulia e Veneto», fanno sapere gli investigatori.
È emersa una facilità nell’intrattenere i rapporti tra le aziende che ha sorpreso gli stessi inquirenti, che si sono trovati di fronte a imprenditori sorpresi a scambiarsi informazioni sulle gare d’appalto senza prendere alcuna cautela.
Nell’inchiesta sono entrate anche una dozzina di enti che hanno bandito le gare d’appalto oggetto delle indagini: escludendo le responsabilità legate all’omesso controllo di cui dovranno rispondere alcuni funzionari, alle stazioni appaltanti non vengono al momento mosse contestazioni.
Già nel 2013 le Fiamme gialle di Gorizia avevano scoperchiato un sistema di appalti truccati per i quali erano stati arrestati otto imprenditori edili di Friuli Venezia Giulia e Veneto, alcuni dei quali coinvolti anche nell’inchiesta “Grande Tagliamento”, che ha messo nel mirino 150 appalti (per un valore complessivo di un miliardo di euro) andati a gara negli ultimi tre anni.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto