L’immigrazione iniziò nel 1870 “favorita” dall’impero asburgico

SACILE. Gli italo-romeni sono i membri di una comunità d’origine italiana presenti in Romania sin dalla prima metà dell’Ottocento, quando italiani provenienti da alcune regioni allora povere (in particolare dal Veneto e dal Friuli), vi emigrarono per lavorare nelle miniere, sui cantieri delle ferrovie o nell’edilizia.
La comunità italo-romena si è costantemente accresciuta sino agli anni quaranta del XX secolo, per conoscere un arresto e una drastica diminuzione nel secondo dopoguerra. Ora, come reazione all’imponente immigrazione in senso contrario, sta conoscendo una sensibile ripresa, dovuta alla creazione di piccole imprese commerciali italiane, in settori assenti o in via di sviluppo nel Paese carpatico.
Gli italo-romeni sono considerati una minoranza linguistica a tutti gli effetti dall’ordinamento giuridico romeno. I primi italiani a emigrare stabilmente nel territorio dell’attuale Romania furono alcune famiglie della Val di Fassa e della Val di Fiemme (in Trentino) che, nel 1821, furono trasferite in Transilvania, a lavorare come tagliaboschi e lavoratori del legno per conto di un commerciante austriaco di legname. All’epoca il Triveneto, così come la Transilvania, era compreso nell’Impero Austriaco; tali spostamenti furono quindi agevolati dall’Austria, nell’ambito di una politica di migrazioni interne tra le regioni più povere e di confine dell’Impero.
Il flusso migratorio proseguì dopo l’Unità d’Italia, non solo verso la Transilvania austro-ungarica ma anche verso il resto della Romania (principato di Moldavia e Valacchia) che, con l’indipendenza ottenuta dall’impero ottomano (1877) e a seguito dell’annessione del Veneto all’Italia (1866), diventò una valvola migratoria tutt’altro che irrilevante per la povera e sovrappopolata regione.
Alla fine dell’Ottocento, infatti, circa il 10-15% degli emigranti partiti dal Veneto e dal Friuli, si sono diretti in Romania, anche se, spesso costituito da migrazioni stagionali nei settori dell’edilizia, della costruzione delle ferrovie, delle attività boschive o nelle miniere.
Tra la fine dell’800 e la seconda guerra mondiale si trasferirono in Romania circa 130 mila italiani, per la maggior parte ritornati in patria dopo il 1945. Rimasero nelle città romene quegli emigranti che nel frattempo avevano rinunciato alla cittadinanza italiana.
Oggi la minoranza italiana storica (stimata in 9 mila persone) è organizzata in particolare grazie all’Associazione degli italiani di Romania, la più grande e importante comunità italiana del Paese. Gli italiani si sono soprattutto concentrati a Bucarest, Timisoara e nella Transilvania, ma si trovano in quasi tutte le regioni della Romania, creando piccole o medie imprese tra cui bar, pizzerie e ristoranti.
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