Lignano, musetto h 24 nel nuovo “Fogolâr” con il ritorno di Luigino

Scarpa riapre il locale in via Marano e attende anche giovani. In mezzo agli attrezzi agricoli sforna i piatti tipici friulani

LIGNANO. «C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico...». Le parole di Pascoli gli tornano alla mente all’improvviso. Se le sente sue. E ama ripeterle, perché, dice, «ci ritrovo dentro la mia osteria».

Sono le 11 del mattino e Luigino Scarpa è dietro al banco. Ci è ritornato ad aprile, dopo alcuni anni di pausa. C’è ritornato per riprendere le redini della gestione dell’enoteca che aprì insieme al padre Virgilio nel ’77. C’è ritornato per non far perdere alla località il suo “Fogolâr”.

Non c’è nessun focolare nel locale che porta il suo cognome, ma la tradizione friulana la respiri appena ci entri. La assapori bevendo un “taglio” di vino, la riconosci nella tartina con la fetta di musetto che a ogni ora trovi caldo, anche d’estate, e nei piatti tipici della nostra cucina, la vedi negli attrezzi agricoli che rendono familiare l’atmosfera.

«Molti di questi ce li hanno portati i nostri clienti – racconta Luigino, 64 anni –, sono gli attrezzi utilizzati nei campi, della nostra tradizione».

Quella tradizione che lui conosce bene perché sua padre all’inizio degli anni ’30 dal Veneto si trasferì a Lignano, acquistò dei terreni alle porte della località e li coltivò a frutteti specializzandosi nella coltivazione delle pesche. Poi gli sforzi si concentrarono nel turismo con la costruzione di un albergo prima e di un condominio e osteria poi.

Quello di Luigino e dell’osteria “Scarpa” è dunque un nuovo inizio. Lignano ce l’ha nel cuore. Ricorda gli anni in cui era «un vero paese» con le sue feste e i suoi riti, ormai perduti, ricorda le «pastasciuttate» fino a tarda notte.

E vorrebbe che il suo locale in vicolo Marano, uno dei più “storici” della località, ritornasse a diventare il punto di riferimento dei lignanesi. Vorrebbe far rivivere quei tempi. Per ogni cliente c’è un sorriso, una parola. Il suo braccio destro Fabio gli dice scherzando: «Mi raccomando, dì che siamo un posto anche per giovani».

Sorride, Luigino. Sa che il suo è un posto unico. Quello che trovi nei piccoli centri friulani, con le bottiglie di vino in bella mostra, il bancone della fine degli anni ’60, il legno massiccio che ti fa sentire a casa. Un luogo dove ci si conosce tutti, dove chi un tempo era ragazzo ora ci ritorna da uomo.

Un luogo che non trovi da nessuna altra parte in città. Un luogo che resiste tra i bar alla moda e che tiene aperto anche d’inverno. C’è il Friuli qui dentro. I suoi campi, le sue terre illuminate al tramonto, il suo mare. Un posto “antico” ma che ha saputo rinnovarsi, ripartire. Il sole illumina l’ingresso.

È quasi ora di pranzo. C’è ancora il tempo per una fettina di musetto. A due passi dal mare, magari in infradito. Lo aveva detto Luigino. Questo è un posto unico.

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