Licenziati per un budino il caso all’azienda Freud

FAGAGNASono stati licenziati per un budino prelevato dalla mensa aziendale. Ai due operai, l’uno di Turriaco l’altro della Bassa friulana, era stata comunicata la decisione lo scorso 9 luglio....

FAGAGNA

Sono stati licenziati per un budino prelevato dalla mensa aziendale. Ai due operai, l’uno di Turriaco l’altro della Bassa friulana, era stata comunicata la decisione lo scorso 9 luglio. Licenziamento senza preavviso per giusta causa, avendo ritenuto di non accogliere le giustificazioni verbali fornite dai due lavoratori. Che ora hanno impugnato il provvedimento ai fini dell’avvio del ricorso davanti alla sezione lavoro del Tribunale di Udine. La vicenda risale al 20 giugno, durante una pausa del turno notturno. L’azienda, Freud Spa di Fagagna, un importante e riconosciuto Gruppo operante in più sedi, possiede un filmato dell’evento ripreso dal sistema di videosorveglianza interno. Allora, durante il turno notturno i due operai avevano sospeso la loro attività verso le 2 per usufruire della pausa prevista ogni due ore, circa 10 minuti. Erano entrati nei locali della mensa avvicinandosi a un armadietto dove vengono riposti i pacchi dei grissini e le tovaglie di carta. La videoregistrazione aveva ripreso la scena: uno dei due operai aveva aperto l’armadietto, l’altro aveva recuperato il budino. Da qui l’infrazione disciplinare. Veniva loro addebitato l’aver forzato l’armadietto e il furto del prodotto alimentare. Come da procedura, i due operai avevano chiesto di essere ascoltati dall’azienda per fornire le loro spiegazioni, quanto avvenuto alla presenza anche del rappresentante sindacale. Il 9 luglio il licenziamento in tronco. I lavoratori si sono rivolti ai propri legali, gli avvocati Michele Latino Quartarone e Sascha Kristancic. I ricorsi per impugnativa di licenziamento sono in corso di deposito.

I legali contestano la veridicità di tutti gli addebiti. Osservano che durante la pausa dei 10 minuti i dipendenti «si possono recare a loro piacimento nella mensa», gestita da una ditta esterna, proprietaria delle forniture dei pasti e dei materiali messi a disposizione. Rilevano che l’armadietto fosse in realtà già danneggiato, «la serratura era difettosa, precedentemente “forzata” dal personale della società gestore». Quanto all’alimento, sostengono che «anche qualora fosse stato asportato, si tratterebbe presumibilmente dell’avanzo di un pranzo precedente, messo da parte per una fruizione successiva, come avviene di consuetudine tra i dipendenti dello stabilimento».

Le argomentazioni riguardano anche il sistema di videosorveglianza. «L’installazione delle telecamere nei luoghi di lavoro dev’essere subordinata a un’autorizzazione delle rappresentanze sindacali, in alternativa, dell’ispettorato del lavoro», dicono i legali chiamando in causa il Regolamento europeo privacy e lo Statuto dei lavoratori che vieta il controllo a distanza dei dipendenti. Le immagini riprese in sala mensa per i due avvocati sono «illegittime».

I due avvocati concludono: considerato che «le modalità di controllo operate dal datore di lavoro sono illegittime», relativamente ai locali di refezione, quel materiale visivo è da considerarsi «inutilizzabile per finalità di contestazione disciplinare». —



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