L’ex cotonificio Amman doveva ospitare l’Università

PORDENONE. Storia di un’occasione persa. Storia dell’Amman.
Se oggi l’ex cotonificio Veneziano entra nelle cronache come luogo bombardato dal tempo e dalla mancanza di decisioni, se il suo destino è appeso al nuovo piano regolatore che ne cancella le possibilità edificatorie e a una proprietà che invece vuole salvaguardare i propri metri cubi virtuali e ha presentato opposizione (oggi è la società Inexo ad essere subentrata alla liquidazione della cooperativa Cesi) alle disposizioni del piano regolatore, c’è stato un tempo in cui quell’area sembrava davvero poter indicare un nuovo futuro per la città.
Un domani costruito sulle radici industriali della città e della provincia.
Prima dei passaggi di mano, dei crolli dell’edificio, dell’abbandono, c’è chi tentò di trasformare quell’area in un bene pubblico. Lo ricorda bene Luciano Bortolus che, da operatore immobiliare seguì le trattative in prima persona.
«Le società proprietarie – va indietro nel tempo Bortolus – erano l’Immobiliare Snia spa e la società Cotonificio Olcese Veneziano Spa. Nel 1987 fecero stimare l’area, di 84 mila metri quadri, compresi i fabbricati». All’epoca si parlava du un valore di circa quattro miliardi e mezzo di lire.
Il primo tentativo di acquisizione «lo feci per conto di due investitori nei primi anni ’90 – ricorda Bortolus –, ma non si concluse niente perché intervennero altri soggetti. L’idea era di costruire qualcosa di importante per la città, non un intervento meramente speculativo. Si pensava al teatro, all’università, a una residenza per gli studenti o per gli anziani».
Ma la vera chance fu all’inizio del nuovo millennio. «Nel Duemila il presidente del Consorzio universitario di Pordenone, allora era l’avvocato Oliviano Spadotto, mi chiese di contattare la nuova proprietà – era diventata la società Quadrifoglio Primo srl – per poter costruire il centro del Consorzio universitario e il polo tecnologico».
Un progetto ambizioso, che guardava a Pordenone con gli occhi dello sviluppo non solo e non tanto economico, ma come città capace di produrre conoscenze e competenze. Anche quella seconda occasione sfumò.
«Non se ne fece niente – ricorda Bortolus – perché l’amministrazione comunale di allora (ndr a guidare la città c’era Alfredo Pasini), aveva un’idea diversa e voleva che il Consorzio universitario si trasferisse a Villanova nell’area dell’ex Cerit, vicino a Villa Cattaneo. In più la Regione non aveva le disponibilità economiche per acquisirla».
Sono passati gli anni e le amministrazioni, ma nessuno ha più pensato di riacquistare l’area anche perché nel frattempo le norme sono cambiate.
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