Leva obbligatoria, gli alpini friulani: sì al ritorno della naja ma senza armare i nuovi 18enni

Sì al ripristino del servizio obbligatorio di leva, ma in forme e modalità diverse rispetto al passato. Le sezioni di Udine e Pordenone dell’Associazione nazionale Alpini (Ana), sull’onda della proposta fatta dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, chiedono alla politica di colmare ciò che, a loro modo di vedere, si è creato dopo la sospensione della naja nel 2005, ovvero «un vuoto educativo».
La soluzione a questo “problema culturale” per gli alpini friulani in congedo può essere individuato in un servizio, «non armato» ma «di ausilio alle istituzioni militari e non, in particolare alla Protezione civile». Una ipotesi, questa, già contenuta in una vecchia proposta di legge depositata nella passata legislatura, valutata anche dall’allora ministro Roberta Pinotti, ma mai concretizzata «in cui si parlava – afferma Dante Soravito de Franceschi, presidente dell’Ana di Udine – di un periodo di formazione per i neo diciottenni dai quattro ai sei mesi sotto la guida di istruttori militari. Chi vorrà poi potrà intraprendere la carriera militare oppure entrare nell’elenco dei volontari a disposizione della protezione civile».
«Tornare a parlare di naja, come la intendevamo noi – precisa Soravito – è anacronistico. Non c’è più la Cortina di ferro, non ci sono più le frontiere da difendere. È giusto quindi che l’esercito sia formato esclusivamente da professionisti, ma è altrettanto utile che la nuova generazione cresca con regole ben precise e nel rispetto dei ruoli». «Oggi, invece – sottolinea il presidente dell’Ana udinese –, i nostri figli appaiono disorientati, abbandonati a loro stessi, privi di certezze. Le famiglie non sono più quelle di una volta. Mamme e papà non sono più a casa perché devono lavorare e quindi questi ragazzi sono affidati per lo più a persone estranee». «Dobbiamo tornare, invece, a responsabilizzarli, toglierli ad esempio dall’uso del cellulare», esclama.
Da nove anni l’Ana di Udine ha lanciato un esperimento organizzando un campo base a cavallo tra l’ultima settimana di giugno e la prima di luglio per i ragazzi delle superiori. Quest’anno sono stati in 44 a partecipare, da tutte le province italiane, anche da fuori regione. «Abbiamo il supporto della polizia stradale, dei carabinieri, del Cai e della protezione civile – spiega Soravito –. Facciamo lezioni teoriche contro il bullismo ed escursioni in montagna. Nel nostro piccolo vogliamo ricreare ciò che vorremmo venisse realizzato in quei quattro–sei mesi di formazione di leva durante i quali i giovani imparano a dire “signorsì”, ad alzare e ammainare la bandiera, a fare squadra e a crescere secondo il senso di responsabilità civica e sociale».
Concetti che vengono ribaditi anche da Ilario Marlin, presidente dell’Ana di Pordenone, secondo il quale «i giovani di oggi hanno bisogno di imparare regole del buonsenso e del vivere comune che poi li aiuteranno nell’inserimento nella società. Terminata la naja veniva il tempo di maturare, cercare un lavoro fisso e mettere su una famiglia. Oggi non c’è più quel giro di boa e si sono persi i veri valori della vita. Crediamo che sia venuta l’ora di creare le condizioni per un rilancio morale e sociale del nostro Paese».
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