L’esplosione, i 5 morti e una ferita aperta

SPILIMBERGO. «12 ottobre 1979: 36 anni fa l’enorme esplosione dei Cantieri Rovina, a Tauriano di Spilimbergo, a poche decine di metri da casa mia. Migliaia di granate, finestre di casa divelte, una colonna di fiamme e fumo alta oltre cento metri che incombeva sulla mia infanzia incredula in un grigio pomeriggio d’ottobre, fra pioggia leggera e ghisa fusa tutto attorno. Morirono cinque persone, fra le quali mio papà e un ignaro ragazzino di 11 anni, colpito da un masso. Disse mia madre, con un sorriso, tornando dal cratere: “Che duro che è stato il destino con noi”. Morì un po’ del bambino che ero e penso ai bambini nelle guerre che guardano tutti i giorni a ben altre, quotidiane esplosioni e non saranno mai più bambini. Io sono comunque stato fortunato. Ciao papà». Le parole sono quelle che ieri Giacomo Deperu, imprenditore spilimberghese, titolare di uno studio di grafica e comunicazione immerso nel verde del parco di Villa Fossa Mala, a Fiume Veneto, ha postato sulla bacheca del proprio profilo Facebook. Una data, il 12 ottobre 1979, che Deperu, all’epoca un bimbo di 10 anni, non potrà mai dimenticare. Un pomeriggio di tanti anni fa, che ha profondamente segnato la sua vita e quella dei suoi familiari, così come quella dei familiari di altri due graduati dell’esercito, colleghi del maresciallo Giuseppe Deperu, padre di Giacomo, il capitano Francesco Cammarota e il sergente Francesco Moretta, tutti e tre artificieri, con l’unica colpa, una volta finito il proprio servizio, di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, quella dei familiari di un operaio civile artificiere, Franco Bagnarol, e di quelli di un bimbo di 11 anni, il piccolo Luca Lazzarini, che Giacomo Deperu ricorda ancora come un compagno di giochi, la cui sfortuna è stata quella di trovarsi nella traiettoria di un masso che lo ha colpito, a 500 metri dal punto dell’esplosione, non lasciandogli scampo mentre, proprio con Giacomo e altri bambini, stava giocando in quello che sarebbe dovuto essere un tranquillo pomeriggio di metà ottobre.
Un boato squarciò quel pomeriggio. Una deflagrazione all’interno del cantiere di esplosivi di proprietà della famiglia Rovina. Uno scoppio devastante, che ha lasciato dietro di sé un bilancio di vite umane, cinque morti fra cui un bimbo, diversi feriti, danni incolcolabili e ancora oggi i ricordi di chi, da spilimberghese, quei momenti li ha vissuti. Ricordi che sono riaffiorati oltre che sulla pagina Facebook di Giacomo Deperu anche su “Sei di Spilimbergo se...” da parte di chi, quel pomeriggio, in un solo attimo rivisse quanto accaduto tre anni prima, nel maggio 1976, temendo che l’“orcolat” fosse tornato a fare sentire la propria voce. Non un “orcolat”, ma qualcosa di altrettanto sconvolgente mise a dura prova gli spilimberghesi quel 12 ottobre 1979, una giornata senza fine, sotto la pioggia battente, con l’urlo altrettanto assordante delle sirene dei mezzi di soccorso, i freddi fasci luminosi delle fotoelettriche nel cuore della notte che «agghiacciarono tutti», le vetrine dei negozi di corso Roma e i vetri di molte abitazioni distanti qualche chilometro dal luogo dell’esplosione in frantumi.
Oggi, gli ex cantieri Rovina hanno lasciato posto a una cava. L’attività estrattiva è stata avviata il 2 marzo 2000, dopo un lungo cantiere di bonifica degli ordigni bellici completato alla fine del 1999.
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