Leonilda, l’ultima impagliatrice FOTO

MANZANO. Bionda, piccola, con un sorriso spiazzante, mani lunghe e affusolate, simpatica e spiritosa. Leonilda Pallavisini, 91 anni, due volte vedova, un figlio, fa l’impagliatrice di sedie da ben 83 anni e parla solo ed esclusivamente in friulano.
A dispetto dell’età non ha ancora smesso di lavorare: nella sua vita ha realizzato almeno 30 mila sedute in paglia, con una media di 2 ore di lavoro a sedia. «A 8 anni ho cominciato a tessere, spezzettavo la canne della palude per fare le corde per le sedie, smembrate dopo essere state bagnate - racconta la manzanese -. Era il peggiore mestiere possibile, ma meno male che c’era. L’economia, ai tempi, si basava su questo. Nei tempi morti, quando gli uomini riposavano dopo essere stati nei campi, noi donne impagliavamo». La fatica invece, per le donne, non finiva mai: 10 ore al giorno di lavoro, prima in campagna e poi a tessere, senza contare le faccende di casa. «Per passare il tempo cantavamo, oppure si chiacchierava. Molte altre, invece, andavano a fare le serve perché si guadagnava di più.
A me sarebbe piaciuto fare l’infermiera in ospedale». Da allora Leonilda non si è più fermata: un’esistenza intera ad impagliare sedie senza conoscere agi, ma lei si racconta, vivace, con occhi che ridono. È simpatica, Leonilda: niente lagne o vittimismi, sebbene non sempre la vita sia stata generosa con lei; lo sguardo le si incupisce solo quando ricorda la figlioletta, scomparsa prematuramente nel ’44: un’antica foto in bianco e nero, l’unica in suo possesso, esposta in cucina tra la tv e una vecchia radio accanto una minisdraietta fatta da Leonilda stessa, la ritrae neonata con un fiocco in testa e gli occhioni da bambola.
Suo marito faceva l’operaio alla Tonon; le ditte portavano a domicilio nelle famiglie le sedie da impagliare. Lei, che era assicurata (e ci tiene a ribadirlo), ha proseguito il mestiere appreso sin da piccina, lavorando in oltre mezzo secolo per intere generazioni di grandi imprenditori manzanesi: Potocco, Fornasarig, Sabot, Calligaris. «Mi svegliavo alle 6 e andavo direttamente ad impagliare. Ci davano 60 centesimi a sedia».
La sua cantina è un vero laboratorio, con gli attrezzi di una volta e tante minuscole seggioline: «Mio marito le costruiva e io realizzavo le sedute; le vendevamo, ci hanno regalato qualche bella gita». Vengono da tutta la regione e anche dal Veneto per affidarsi alla sua abilità artigiana, come non ce ne sono più. «Eravamo in tante a Manzano a fare questo mestiere, credo di essere l’unica sopravvissuta». Oggi i clienti sono i privati, la richiesta riguarda per lo più il restauro: «mi è capitato che portassero ad aggiustare le stesse sedie fatte da me 60-70 anni fa». La sua paga è di un’onesta disarmante: 4 euro all’ora. Sembra quasi sia rimasta indietro di mezzo secolo, «ma non mi sento di chiedere di più, ci devo giusto pagare le bollette». Quando smetterà? «Finché ho fiato, non posso farne a meno».
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