Le librerie “superstiti”: merita di più la città che si candida a capitale

la storia
Non è soltanto una libreria storica che si trasforma in un negozio di telefonia a dover far riflettere. È un po’ tutto il sistema che ruota attorno al mondo dell’editoria, alla scelta di un canale di vendita rispetto a un altro, al gusto che si prova a entrare in una libreria a fare la differenza.
Soprattutto in una città come Pordenone che vanta uno dei maggiori festival del libro e che aspira a diventare Capitale della cultura e Capitale del libro 2022.
Le due librerie indipendenti sopravvissute in città – dopo la chiusura di storiche realtà quali la Minerva, il Becco Giallo, la San Giorgio, la Libreria dello sport, Emporio Immagine – non nascondono la fatica nel resistere in un mondo in cui da una parte esiste il colosso del web e dall’altra la scure delle grandi case editrici.
«Quello che succede a Pordenone non è diverso da quello che accade in tutta Italia – afferma Mauro Danelli della libreria Al Segno –, dove si assiste alla morìa delle librerie indipendenti che sono passate dal 70 a 16-18% attuali».
Le motivazioni sono molte in un contesto che sta cambiando repentinamente e che ha visto nella pandemia un ulteriore motivo di evoluzione. Anzitutto, c’è stata la crisi economica che ha costretto a chiudere le librerie storiche nazionali: un patrimonio che è scomparso senza che a nessuno importasse poi molto. Ancora, secondo Danelli c’è da considerare la politica dei grandi gruppi editoriali quali Feltrinelli, Giunti, Mondadori, Ubik, Ibs, Coop, Il libraccio che hanno inondato il mercato di nuove aperture. La pandemia ha ridotto lo strapotere di queste catene, che sono passate dal 45% di mercato a circa il 36, a favore del commercio elettronico con Amazon e i grossi editori che commercializzano sul web.
«Nonostante la chiusura delle librerie, non abbiamo avuto un aumento di fatturato – constata Danelli –. Pordenonelegge esiste da 22 anni, ma le librerie hanno chiuso lo stesso. Questo, sia chiaro, non è una questione legata a un festival o a una città, riguarda il Paese: siamo quelli che leggono di meno in Europa, con il 60% di non lettori».
Conferma la “faticaccia” per rimanere a galla” Daniele Zongaro della libreria Quo vadis, altra realtà indipendente a Pordenone, conosciuta come “libreria del viaggiatore”. «Non entro nel merito di Pordenone città della cultura o del fatto che le librerie chiudano – spiega –, ma faccio l’esempio di Udine, una città dal punto di vista culturale più ferma rispetto a Pordenone, ma dove le librerie hanno creato una rete di collaborazione: in questo sono più avanti rispetto a noi».
Per quanto riguarda il livello di lettura, il primo lockdown ha comportato un aumento delle vendite, la gente leggeva forse perché aveva tempo a disposizione. Invece, con il secondo lockdown il trend si è fermato: forse è subentrata la stanchezza, la noia, stare chiusi in casa non era più così nuovo e affascinante.
«Le indipendenti sono la linfa per chi vuole elevarsi dal punto di vista culturale – conclude Zongaro – perché un libraio ha una sua importanza nella libreria: è colui che deve leggere, trasmettere, invogliare e fidelizzare le persone». —
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