«L’azienda fu bruciata», tre condanne

PRAVISDOMINI. L’incendio che il 4 agosto 2009 distrusse il capannone della Finpannelli srl, nella zona industriale di Pravisdomini – le fiamme avvolsero anche beni e attività di altre aziende con danni per milioni di euro e richieste record di indennizzo – venne appiccato allo scopo di truffare le compagnie assicurative.
Così si evince dalla sentenza pronunciata ieri dal giudice monocratico del tribunale di Pordenone Eugenio Pergola, che ha inflitto quattro anni di reclusione ad Alfeo Pessotto, 64 anni, di Brugnera, e a Giorgio Pighetti, 54 anni, di Pravisdomini, e tre e mezzo a Liliana Enache, 44 anni, moglie di Pessotto e legale rappresentante dell’azienda.
Tutti e tre sono stati interdetti per cinque anni dai pubblici uffici e, in solido, condannati a rifondere le spese legali alle compagnie assicurative danneggiate (per le quali il risarcimento dovrà essere stabilito in sede civile) e a un imprenditore costituitosi parte civile: Uniqa protezione spa, Axa assicurazioni spa, Helvetia assicurazioni e Branko Hudorovich.
Atti al pubblico ministero, inoltre, affinché valuti la posizione di Ezio Maccan, imprenditore che subì danni per 310 mila euro.
Proprietario dell’immobile era Pighetti, che aveva acquistato, poco prima dell’incendio, macchinari per 156 mila euro da Pessotto, che a sua volta li aveva comperati da un fallimento. Erano questi due, secondo la procura, coloro che avrebbero ottenuto vantaggio dall’incendio.
Nell’ultima udienza prima della sentenza, tuttavia, venne deciso di vagliare anche la posizione di Fabio Chioatto, imprenditore portogruarese la cui azienda, la Nuova Levigatura, che aveva cessato l’attività un mese dopo il rogo, fu pure interessata dall’incendio.
Ma un perito, proprio ieri, ha testimoniato che i macchinari in suo possesso erano di scarso valore e quindi non avrebbe tratto benefici da un possibile incendio doloso. I sospetti, quindi, si sono nuovamente concentrati su Pighetti e Pessotto (e, a caduta, sulla moglie di quest’ultimo, formalmente legale rappresentante della New World System), con parti lese le compagnie assicurative e il piccolo imprenditore ospitato nei capannoni.
Pessotto ed Enache erano difesi dagli avvocati Pietro Ragogna e Fabiano Filippin, Pighetti da Giuseppe Bavaresco; le parti civili si erano costituite con gli avvocati Michele Coceani, Roberta Vota e Sergio Gerin.
L’incendio divampò nel cuore della notte. Un maxi-spiegamento di mezzi e uomini da parte dei pompieri del Pordenonese e del Veneziano non evitò il peggio e la struttura venne dichiarata inagibile.
I carabinieri ipotizzarono subito il dolo e un consulente tecnico stabilì che il calore aveva fatto implodere l’edificio, segno che il fuoco si era sprigionato dall’interno.
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