L'avvocato di Mazzega: Francesco si è ucciso perchè non ce la faceva più

Muzzana, due famiglie distrutte per questo epilogo drammatico. I genitori del 37enne «sono provatissimi, non se lo aspettavano»
Udine 3 luglio 2018. Processo Mazzega. Arrivo in Tribunale. © Foto Petrussi
Udine 3 luglio 2018. Processo Mazzega. Arrivo in Tribunale. © Foto Petrussi

MUZZANA. Francesco Mazzega non ha retto al peso del proprio destino. Dalla notte di quel 31 luglio 2017, la sua vita era davanti a due condanne: quella giudiziaria e forse, soprattutto, quella morale.

Due sono le famiglie distrutte.

Un silenzio tombale rotto solo dal lento passaggio delle auto dei parenti più stretti in visita ai Mazzega, arrivati per manifestare il proprio cordoglio alla famiglia, ha segnato Muzzana del Turgnano il “giorno dopo”. Un silenzio che oggi sembra essere l’unica risposta possibile di fronte alla tragedia umana consumatasi nello sgomento di due coppie di genitori.

Dopo due anni di arresti domiciliari, Francesco Mazzega, 37 anni, l’omicida reo confesso che uccise la fidanzata 21enne Nadia Orlando, all’indomani della sentenza pronunciata dalla Corte d’assise di Trieste, che ha confermato i 30 anni di condanna, ha deciso così di farla finita. L’epilogo è stato quindi il più impensato e terribile di tutti.

Sabato 30 novembre sera, attorno alle 22, il gesto estremo: Francesco si è impiccato a un albero del giardino della casa dei propri genitori dove era agli arresti domiciliari. Gli stessi parenti hanno dato l’allarme e per quaranta minuti il personale medico ha tentato, invano, di rianimarlo. Lampeggianti blu accesi e sirene spente: dopo l’urlo dei familiari, solo un lenzuolo bianco steso a terra e la gelida notte.

Lacrime e rabbia, dolore e incredulità hanno segnato i volti dei parenti, domenica 1 dicembre, lungo il vialetto che conduce a casa Mazzega. «Il momento è troppo drammatico e la famiglia preferisce mantenere il riserbo» spiega Federico Carnelutti, avvocato (assieme a Mariapia Maier)di Francesco Mazzega, dopo aver fatto visita alla famiglia.

«Sono provatissimi, è una tragedia nella tragedia. Già venivano da due anni molto pesanti. L’epilogo è drammatico così come lo sono le modalità in cui tutto è avvenuto: i genitori non si sarebbero mai aspettati un gesto simile da parte sua – racconta –. Probabilmente Francesco aveva questo proposito già dalla notte in cui successe il fatto. È rimasto latente». In qualche modo lo aveva ribadito venerdì, dicendo, in sostanza: «Non merito il perdono, ho paura anche a chiederlo vista la gravità di quanto fatto».

«Ha vissuto le ultime giornate con l’aspettativa di una sentenza tecnicamente corretta. Saremmo stati pronti a impugnarla in Cassazione – specifica l’avvocato –. Lui, però, non ce l’ha fatta più, non ha resistito. La richiesta dell’aggravamento della misura cautelare lo ha ulteriormente turbato – continua Carnelutti –: si ipotizzava pericolo di fuga, infondato per noi. Non si è mai sentito creduto».

La notizia si è diffusa rapidamente, già dalla nottata, in tutto il paese. E il sindaco Erica Zoratti, così come alcuni abitanti, è provata e dice: «A nome della comunità mi stringo nel cordoglio e nella vicinanza a queste famiglie colpite da tali grandissime tragedie. Si tratta di una vicenda che da qualsiasi punto di vista la si guardi è drammatica e dolorosa. Noi ci stringiamo a loro nel silenzio».

Non ci sono parole nemmeno per don Samuele, che preferisce il raccoglimento e la preghiera.




 

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