L'archivista ''malato'' di musica
Ugo Falcone, docente universitario col pallino della radio
Dalla promozione di complessi rock alla ricerca archivistica, dalle «avventure soniche» di Radio Spazio 103 all’Accademia cittadina di scienze, lettere e arti di cui è socio corrispondente. Ugo Falcone è «un prodotto dell’Università di Udine», come egli stesso si definisce. Arrivato a 19 anni dalla Puglia, si è rivelato non solo come un grande appassionato delle nuove tendenze musicali, ma anche come studioso, estimatore, conservatore delle preziose carte del passato. E di recente ha pubblicato un lavoro importante, che ha fatto parlare non solo gli addetti ai lavori: “Gli archivi e l’archivistica nell’Italia fascista - Storia, teoria e legislazione”, frutto e perfezionamento della sua tesi per il dottorato da lui conseguito tre anni fa, appunto in “Scienze bibliografiche, archivistiche documentarie e per la conservazione e restauro dei beni librari e archivistici”. Ma gli archivi “cartacei”, in piena era informatica, hanno ancora un senso? «Ma certo – risponde Falcone –: gli informatici e gli archivisti tradizionali debbono lavorare insieme. I primi consentono una comuncazione più rapida, i secondi garantiscono la conservazione. Abbiamo pergamene di mille anni, mentre i floppy disk, per esempio, sono di durata molto limitata». Figlio di un metalmeccanico pugliese e d’una casalinga abruzzese, Ugo Falcone è nato a Mesagne (Brindisi) il giorno di Ferragosto del 1968 («ma all’anagrafe – precisa – risulta il 16, perchè il 15 era chiuso»). Nella cittadina pugliese ha fatto la maturità scientifica, proseguendo poi gli studi a Udine. Come mai? «È stata un po’ colpa, o merito, dello sport. Facevo atletica leggera, ero una promessa negli 800 e 500 juniores. E avevo conoscenze a Udine: ero amico di Franco Pecoraro, dirigente del Csi. Così alla scelta sportiva si è aggiunta quella universitaria. Sono arrivato a Udine e, grazie a Pecoraro, mi sono sistemato al collegio Renati. Dopo aver tentato, senza fortuna, l’ammissione all’Isef dell’Aquila – continua Falcone –, mi sono iscritto a Conservazione dei beni culturali, perchè era una novità allora unica in Italia, scegliendo l’indirizzo Beni mobili e artistici. Ma due anni dopo ho imboccato quello definitivo: Beni archivistici e librari. E nel 1999 mi sono laureato». Solo nel ’99... «Già – spiega –, perchè nel frattempo mi ha preso una nuova passione: la musica». Nel 1989, infatti, Falcone si è avvicinato all’associazione Anagrumba (gruppi musicali di base) e gli hanno fatto condurre un programma su Radio Onde Furlane assieme a Pietro De Gregori. Proponendo autori noti, ma anche sconosciuti, ha contribuito a far conoscere un certo underground udinese e friulano. E con la marilenghe, come se la cavava? «Mai avuto problemi – risponde –, mi è sempre piaciuta la musicalità del friulano. E, detto per inciso, in Friuli non ho mai avuto neppure problemi di accoglienza e di ambientamento». Gli inizi, da studente, comunque non sono stati facili. «Mi arrangiavo con vari lavoretti – racconta –; ho fatto persino, per una settimana, lo scaricatore alle Distillerie Nonino di Percoto». La musica lo impegnava molto. Ha fatto lo speaker radiofonico a Rete 109 Network, poi a Radio Friuli con Nicola Cossar. «La trasmissione – ricorda – si chiamava L’ispettore Rock, che era lui, mentre io ero il tenente Falk». Nello stesso periodo ha pure collaborato con i giornali locali (profili di complessi, recensioni di concerti rock). Nel 1994 ha presentato al Carnera, con Maria Giovanna Elmi, l’Italia rock Festival, una manifestazione a favore dell’Anffas. E, a parte l’intrattenimento, ha svolto anche attività professionale come promoter, cioè agente, di gruppi musicali, «facendoli suonare nei pub e nelle birrerie del Friuli». Così fino al 1998. Poi la laurea e la frequenza, a Trieste, della scuola di archivistica con il conseguimento del diploma che gli ha aperto la strada verso il dottorato. Un primo approccio con gli archivi del periodo fascista c’era già stato nella tesi di laurea. In seguito Falcone ha raffinato l’analisi con lunghe ricerche a Roma e a Milano. I concetti base dell’archivistica erano già emersi nell’età liberale, ma tra le due guerre furono ripresi e sviluppati. «Il Ventennio - ha scritto un “maestro dell’archivistica” come Elio Lodolini, in una recensione, da lui stesso ironicamente definita “politicamente scorrettissima”, dell’opera di Ugo Falcone – fu una grande stagione della cultura italiana in tutti i campi» e «l’Archivistica, come disciplina, in quel periodo raggiunse l’apice del suo sviluppo teorico, attraverso l’enunciazione di principi fondamentali che tuttora costituiscono imprescindibili punti di riferimento». In sostanza, spiega Falcone, «agli archivi si cominciò a dare la giusta importanza quali istituti culturali di conservazione, al pari di biblioteche e musei». Per vari motivi finora non era mai stato fatto un esame approfondito dei progressi dell’archivistica anni ’20 e ’30 (lo stesso è avvenuto per tanti altri aspetti di quell’epoca). Ugo Falcone vi si è appassionato e, possiamo dire, ha colmato una lacuna. E a proposito di “politically correct”, naturalmente anche lui ha espresso le dovute riserve e critiche nei confronti della dittatura fascista, se non altro ricordando nel libro le nefande leggi razziali (con la circolare ministeriale del 1940 che decretava il “Divieto ai cittadini di razza ebraica di frequentare le sale di studio” degli archivi). Allievo di Roberto Navarrini, mantovano, ordinario di archivistica all’Università di Udine, negli ultimi anni il giovane studioso si è ancor più ancorato all’Ateneo cittadino, del quale – come si è detto – si considera «un prodotto». Ora è docente a contratto nella facoltà di Lettere e filosofia, dopo essere stato assegnista di ricerca nello scorso biennio. Inoltre, ha un incarico di ricercatore al Cnr di Roma. Dallo scorso anno fa pure parte dell’Accademia cittadina per la quale cura il settore archivistico e una rubrica sui Quaderni dello storico sodalizio, che l’anno scorso ha celebrato i 400 anni. Nel 2003 ha collaborato, curando le fonti archivistiche, col professor Enrico Folisi al film documento «Carnia invasa - 1917 -1918». Quanto alle “imprese» radiofoniche”, non ha ancora appeso il microfono al chiodo: conduce infatti, il mercoledì e il sabato, a Spazio 103, in via Treppo, “Avventure soniche”, dalle musiche tradizionale alle moderne, dal blues al rock. Dulcis in fundo, Ugo è sposato da quattro anni con una coetanea friulana, Alessandra Riva, di Variano di Basiliano, conosciuta all’Università (si è laureata in lingue e letterature straniere). Abitano in un condominio tra Cussignacco e Paparotti, ma sognano un villino tutto per loro. E qualche erede da... mettere in archivio? «Ci stiamo pensando».
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