L’applicativo digitale non funziona: il tribunale di Udine torna al sistema cartaceo

Il presidente Corder ha disposto, con apposito decreto, la sospensione dell’utilizzo esclusivo dell’applicativo voluto dal ministero della Giustizia

Il presidente del tribunale Paolo Corder
Il presidente del tribunale Paolo Corder

Stop alla rivoluzione digitale nel tribunale di Udine. Almeno per qualche mese. Il presidente Paolo Corder, il 9 gennaio, ha disposto, con un apposito decreto, la sospensione dell’utilizzo esclusivo dell’applicativo voluto dal ministero della Giustizia per l’adozione e il deposito di atti, documenti, richieste e memorie relative alle fasi processuali in ambito penale.

Fino al 31 marzo tutte queste operazioni potranno essere svolte anche in forma cartacea. L’App dedicata, infatti, in questi primi giorni del nuovo anno, ha creato più problemi che vantaggi. E non solo nel capoluogo friulano, visto che un analogo provvedimento è stato preso dai tribunali di mezza Italia.

Nel decreto di Corder si fa riferimento «a una serie nutrita di problematiche di natura tecnica legata al funzionamento di App 2.0» oltre che a un confronto avvenuto con il presidente della sezione panale del tribunale cittadino, Daniele Faleschini Barnaba, con la coordinatrice della sezione Gip-Gup, Mariarosa Persico, con il procuratore capo della Procura della Repubblica di Udine Massimo Lia e con la presidente dell’Ordine degli avvocati Raffaella Sartori.

Quest’ultima, in particolare, si è fatta portavoce dell’istanza dell’avvocatura rispetto «alla conservazione temporanea del cosiddetto doppio binario (analogico e digitale) in conseguenza delle enormi difficoltà tecnico-applicative del nuovo sistema».

Sulla questione Corder ha lamentato un’assenza «di un adeguato periodo di sperimentazione dell’applicativo App 2.0» prima della sua introduzione, trattandosi di un provvedimento «destinato a incidere in maniera significativa sulle attività dell’udienza preliminare e del giudizio dibattimentale, suscettibile di generare problematiche di natura informatica in grado di ripercuotersi sull’attività processuale e sul lavoro di magistrati e personale amministrativo».

Tra le anomalie portate alla luce ci sono quelle relative all’attività di udienza . La versione dell’App a disposizione del tribunale non prevede la firma del verbale di udienza da parte dei magistrati, andando così in contrasto con l’articolo 438 del codice di procedura penale che prevede il visto del magistrato.

Inoltre allo stato attuale non è possibile acquisire con l’applicativo atti e documenti depositati in udienza dalle parti. Si crea anche il paradosso che alcuni documenti di un procedimenti riescono a essere caricati dall’App, altri, invece, no. «Ad esempio per la sentenza contestuale di applicazione pena - si legge nel decreto firmato da Corder -. Non è possibile depositare la sola motivazione alla quale poi aggiungere l’intestazione (che dovrebbe essere sempre disponibile in anticipo) così da comporre un unico atto».

Nel documento, poi, viene citata l’assenza di specifici flussi per caricare alcuni provvedimenti (ad esempio per le sentenze conclusive della messa alla prova) per i quali l’unica possibilità di deposito telematico deriva dal “carica atto generico”, con problematiche pratiche da parte del personale amministrativo nel momento del download dei file. Accertato quindi «il malfunzionamento e l’incompletezza del sistema informatico proposto dalla piattaforma App», il tribunale di Udine ha preferito tornare al cartaceo.

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