L’aereo è in avaria ma lo porta a terra Mattarella lo premia
Il friulano Matteo Zuliani aveva fatto atterrare a Pisa un C130 A bordo c’erano 90 persone. I complimenti del Presidente

Nella storia del C130, l’aereo da trasporto tra i più usati dalle forze armate a livello internazionale, non era mai accaduto. Dalla sua entrata in servizio nel 1957 mai un intoppo al comando di volo. Fino all’incidente dello scorso gennaio, quando un equipaggio dell’Aeronautica Militare, durante un volo addestrativo sopra l’arcipelago toscano, si è trovato a fare i conti con l’avaria. Senza precedenti. Praticamente impossibile a sentire il costruttore, tanto che la sua gestione non era contemplata in ipotesi su nessun manuale di volo.
Poteva finire nel peggiore dei modi. E invece no. Quaranta minuti dopo l’incidente a bordo, il C130 è atterrato a Pisa. Incolume l’equipaggio. Alla cloche di comando c’era il friulano Matteo Zuliani, 38 anni di Campoformido, tenente colonnello in servizio presso la 46esima brigata aerea di Pisa: il salvataggio gli è valso la medaglia d’argento al valor aeronautico. Ad appuntargliela sulla giacca è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Un momento indimenticabile per Zuliani che ricorda bene la stretta di mano e le parole del Capo dello Stato. «Mi ha detto “bravo, bravissimo” e poi mi ha applaudito», racconta con emozione ripercorrendo la storia al contrario.
Passando dalla medaglia all’incidente. Anzitutto il set: «Era una notte di gennaio e in 5 ci trovavamo a bordo del C130 (un bestione lungo 30 metri, con un’apertura alare di 40, capace di portare fino a 90 persone) per addestrarci all’uso dei visori notturni, sorta di binocoli che permettono di espandere le piccole sorgenti di luce e avere così una visione simile a quella diurna. Utilissimi – spiega Zuliani – quando ci dobbiamo muovere al buio nei teatri operativi». Poi lo scoppio. «Abbiamo sentito all’improvviso un rumore molto forte provenire dal compartimento di carico – continua l’Ufficiale –. Dalla cabina di pilotaggio, dove mi trovavo insieme a due copiloti, ho chiesto agli operatori di bordo di verificare cosa fosse successo».
Le parole restituite dagli interfoni fanno rabbrividire l’equipaggio: il martinetto idraulico che movimenta gli alettoni alle estremità delle ali sta perdendo copiose quantità di fluido idraulico. «Senza quello – spiega ancora il tenente colonnello – non si possono muovere i comandi. È come dire che in un’auto si blocca il volante».
All’improvviso l’equipaggio non è più in grado di controllare l’aereo. «Per fortuna eravamo in volo livellato, alla quota di circa mille metri sul mare, lontano dalle case. Per qualche minuto l’aereo è stato ingovernabile, poi, grazie all’addestramento e alla preparazione di tutti noi, reduci da tante missioni e simulatori, abbiamo reinserito in circolo un po’ di liquido e usato il timone di coda, modulando la potenza dei motori, per governare la direzione del velivolo».
Da capo-equipaggio, Zuliani usa il plurale, perché effettivamente a riportare a terra il C130 è stato un grande lavoro di team. Alle prese, per la prima volta, con il volo “di coda”. Un debutto senza possibilità di errori.
«Ci sono voluti circa 40 minuti per riportare la squadra “a casa”. Dall’Elba a Pisa. Lo spavento è stato grande – confessa il friulano –, ma poi ha preso il sopravvento la necessità di trovare una soluzione. Abbiamo messo sul piatto le capacità di ognuno. È vero, l’atterraggio l’ho fatto io, le decisioni le ho prese io, ma non avrei potuto mettere in atto tutte le procedure – conclude l’ufficiale friulano – se non insieme alla squadra».
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