«L’accumulo di energia è una risposta concreta»

Alessandra Pasini, co-fondatrice di Zhero, racconta i forti investimenti in corso nelle batterie. «Il dominio cinese esiste ma ci sono altri operatori molto avanzati, come Tesla e Fluence»

Luca Piana
Alessandra Pasini collegata da Washington
Alessandra Pasini collegata da Washington

«Se gli Emirati Arabi, che certamente non hanno problemi di fondi, hanno messo in pausa un progetto nel nucleare per svilupparne uno che combina i pannelli solari con le batterie, significa quanto in questa fase sembrano promettenti queste tecnologie e che tipo di risposte ci si aspetta che possano dare».

Alessandra Pasini, co-fondatrice di Zhero, società specializzata nello sviluppo di grandi progetti e infrastrutture per la transizione energetica, racconta così al pubblico del Forum sulla Transizione organizzato dal Messaggero Veneto i forti investimenti che il settore sta dedicando alle batterie per l’accumulo di elettricità.

Collegata in diretta da Washington, Pasini dice che l’irruzione dei sistemi di accumulo nel panorama dell’energia è stato determinato da due fattori che, a livello tecnologico, hanno fatto divampare l’interesse degli investitori, ovvero la riduzione dei costi di costruzione e il contestuale allungamento della durata, che oggi porta le batterie «a poter funzionare anche per 8-10 euro, il doppio di quanto accadesse fino a due anni fa».

L’accumulo, dunque, sta dando una risposta concreta alla volatilità di alcune fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico, permettendo agli impianti di fornire il loro apporto in modo più continuo: «L’interesse è diffuso anche nella manifattura.

Pensiamo ad esempio a una forgeria o a macchinari che compiono lavorazioni di precisione molto sensibili agli sbalzi di tensione. Avere un sistema di accumulo, può permettere alla fabbrica di auto-produrre la propria elettricità, senza dover interrompere il lavoro se c’è un calo di tensione», spiega l’esperta.

C’è la questione, politicamente molto forte, della forte concentrazione in Cina della produzione di batterie al litio. «È un dato di fatto», risponde Pasini, ma questo non vuol dire che bisogna fermare lo sviluppo di progetti altrove. La Germania ha avviato grandi investimenti ed esistono aziende non cinesi che sono tecnologicamente molto avanzate nelle batterie.

La più conosciuta è Tesla, ma c’è anche Fluence, che ha capitale metà tedesco e metà americano (i soci sono Siemens e Aes, ndr), che sta sviluppando sistemi di accumulo estremamente competitivi e per certi versi con maggiore flessibilità rispetto ai prodotti cinesi», spiega l’amministratrice delegata di Zhero Europe.

Un altro degli aspetti toccati durante il dialogo con Luca Pagni, direttore scientifico del Forum, è quello delle infrastrutture per il trasporto di elettricità. Pasini spiega che, almeno in parte, l’elevato costo dell’energia in Italia è determinato dal fatto che la Penisola è storicamente l’ultimo mercato di sbocco per infrastrutture alimentate da fonti in arrivo da Nord, le pipeline per il gas dalla Russia o dal Nord Europa, piuttosto che l’elettricità da centrali nucleari in Francia.

«Oggi, con lo sviluppo in Nord Africa di impianti solari o eolici di larga scala, la situazione si potrebbe ribaltare, rendendo l’Italia il primo mercato di sbocco e, eventualmente, il ponte con il resto d’Europa», dice.

Seguendo questa logica, Zhero ha elaborato il progetto Medlink, un’infrastruttura elettrica sostenuta dall’Unione europea e dal governo italiano, basata sulla produzione fotovoltaica ed eolico onshore con sistemi di accumulo a batterie in Algeria e Tunisia: «L’inizio dei lavori è previsto nel 2028, con l’obiettivo di iniziare a produrre nel 2031».

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