La testimonianza: "Penso a quel ragazzo che salì in centro poco prima delle scosse"

Menis, l’ex sindaco di Treppo, non ha mai saputo se è vivo. «Uno scherzo del destino lo portò in stazione, vorrei trovarlo»

TREPPO GRANDE. «Penso sempre a quel giovane che la sera del 6 maggio scese dal treno sul quale viaggiava per errore, cercava un taxi gli dissero che doveva salire in centro storico, ma pochi minuti dopo arrivò la scossa che distrusse il Friuli. Chissà se è ancora vivo, vorrei incontrarlo». Giordano Menis, già sindaco di Treppo Grande e consigliere provinciale del centrosinistra, non riesce proprio a dimenticare quel ragazzo che per uno strano scherzo del destino si trovò nella Gemona terremotata.

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Il racconto di Menis inizia dalle 20.45 del 6 maggio 1976, quando il treno diretto Vienna-Roma giunse alla stazione di Gemona.

«Al tempo ero un macchinista delle Ferrovie dello Stato e stavo rientrando in vettura, detto in gergo ferroviario, cioè fuori servizio, seduto in uno scompartimento del treno viaggiatori.

Avevo terminato un servizio di guida di alcuni treni merci Pontebba-Tarvisio che mi aveva tenuto lontano da casa per quasi due giorni. Il giorno prima ero arrivato con la mia autovettura a Gemona per recarmi a Pontebba a bordo di altro treno viaggiatori, dove iniziò il mio turno». Menis guarda lontano facendosi largo tra il filo dei ricordi che segue da 40 anni.

«Al rientro - continua - a Stazione della Carnia, ultima fermata prima di Gemona, nello scompartimento in cui mi trovavo entrò un’anziana, assieme a un giovanotto che all’apparenza poteva avere tra i 25 e i 28 anni. Il giovanotto sistemò con cura la valigia della signora sull’apposito scomparto sopra le nostre teste, la salutò affettuosamente e mentre si accingeva a scendere dal treno, evidentemente doveva solo accompagnarla, il treno ripartì.

Sbigottito il ragazzo capì che oramai era tardi per scendere e vedendo la mia divisa da ferroviere mi chiese: “Ma io dovevo scendere, adesso cosa faccio?” Gli risposi che la prossima fermata era Gemona e che da lì avrebbe dovuto farsi riportare a Stazione della Carnia, dove, a suo dire, aveva posteggiato l’auto».

Inizialmente Menis pensò che avrebbe potuto accompagnarlo lui, ma un secondo dopo si rese conto che non aveva il tempo per farlo. Doveva correre all’appuntamento con alcune amiche di Gemona che lo aspettavano al bar “Gemine”, alle 21. Lo volevano salutare prima di partire per Torino. «Volevo evitare di andare in divisa all’appuntamento» fu proprio questa esigenza a dissuaderlo dall’accompagnare il giovanotto a Stazione della Carnia.

«Il treno si fermò a Gemona il giovane scese con me non senza chiedermi dove poteva trovare un taxi. Lo indirizzai al bar della stazione, anzi ci andammo assieme, dove gli fu detto di salire verso il centro, il parcheggio dei taxi stava nella parte alta della cittadina».

A quel punto, Menis e il giovane compagno di viaggio si salutarono. « Vidi il giovane avviarsi lungo il viale alberato che dalla stazione porta al centro di Gemona. Salii in auto e quando passai davanti alla stazione non potei non guardare quel giovane che con passo spedito si stava incamminando verso Gemona alta». Menis partì, ma pochi minuti dopo il terremoto lo sorprese in auto tra Bueriis e Treppo. «La macchina - racconta - sembrava impazzita».

A Treppo Grande, come accadde negli altri comuni colpiti dal terremoto, la gente si era riversata in strada. Furono ore difficili caratterizzate dalla disperazione e dal terrore di non riuscire più ad alzare la testa. «Qualche giorno dopo seppi che le mie amiche sorprese dal terremoto mentre mi aspettavano al bar, erano sane e salve. Le rividi con gioia. Del ragazzo che vidi avviarsi verso il centro di Gemona pochi minuti prima della scossa che demolì mezzo Friuli, non seppi mai nulla. Non sono mai riuscito ad avere notizie di lui».

A 40 anni di distanza anche Menis prova a lanciare un appello invitando quel ragazzo di ieri, oggi potrebbe avere 65 anni, a farsi sentire se è ancora vivo. «Quella sera non doveva trovarsi a Gemona, uno scherzo del destino lo condusse nella cittadella che qualche secondo dopo si sbriciolò sotto il peso delle macerie».

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