La storia di Francesco, l’artigiano che “cura” i sassofoni

Aggiusta strumenti a fiato, ma il suo mestiere non ha nome: «Riparo tutto, spesso anche i danni causati dal fai da te»

UDINE. Di una cosa era certo quando ha concluso gli studi all’istituto Malignani di Udine: nel suo futuro non ci sarebbe stato un impiego come perito chimico industriale, nonostante il diploma. «Il mio sogno era quello di fare l’artigiano». Così, dopo due anni da dipendente in alcuni laboratori chimici, la decisione di cambiare strada. «Non sapevo esattamente in che settore». Ma lo attirava tanto l’idea «di navigare da solo, di essere indipendente». Uno dei desideri, fin dai banchi di scuola, era quello di fare il meccanico. «Ma proprio in disegno meccanico andavo malino», racconta.

È stato così che Francesco Berini, 37enne udinese, ha deciso di rispondere a un annuncio di lavoro letto sul giornale. Dando avvio, pur senza saperlo, a quella che sarebbe stata la sua “carriera” lavorativa. «Cercavano personale per un laboratorio che restaura strumenti musicali».

Per quattro anni, dunque, è andato a bottega a imparare il mestiere, facendo la spola tra Udine e San Giovanni al Natisone. Oggi è uno dei pochi esperti in Italia. «Siamo forse un centinaio in tutto» nella riparazione e manutenzione di strumenti a fiato.

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Il suo percorso, dopo l’apprendistato – un periodo da un artigiano di Milano e vari corsi –, lo ha portato alla convinta decisione di aprire una attività tutta sua. Così, quegli spazi che in via San Martino a Udine erano stati l’antica officina meccanica di nonno Antonio (classe 1906) e zio Libero – nei quali Francesco ha voluto conservare i mobili e gran parte dell’attrezzatura che veniva usata al tempo per riparare qualsiasi cosa, «dalle automobili alle macchine per la panificazione» – sono oggi il suo modernissimo laboratorio, dove non manca mai un sottofondo musicale. Pieno zeppo di sassofoni (ci sono anche due sax tenore in ottone argentato del 1918 e del 1924), clarinetti e flauti. «Può capitare che sia richiesto il “pronto soccorso” per corni e ottoni», in attesa di finire sotto i suoi ferri. Ferri del mestiere che Francesco spesso si costruisce da solo, oppure prende in prestito da altre professioni, come gli strumenti da dentista e orafo o quella spiritiera che lui usa per scaldare la colla, ma che «è tipica roba da infermiere». C’è pure un tornio da banco “nato” da un motore di scala mobile riadattato: «Me l’ha dato un collega di Genova e lo comando con un pedalino che si usa nelle tastiere delle chitarre». Insomma, capita spesso che sia necessario «inventarsi» la strumentazione adatta per rimettere in sesto parti di strumento che altrimenti risulterebbero irraggiungibili.


Francesco non è certo uno che si tira indietro. «Riparo sempre tutto, ma a volte è più conveniente comperare un nuovo strumento piuttosto che rimettere in vita il vecchio. In quel caso, sono io che sconsiglio la riparazione».


E non si è tirato indietro nemmeno quando ha compreso che per dare il meglio nella sua attività sarebbe stato più opportuno imparare a suonare gli strumenti su cui poi mette mano. «Per il sassofono – racconta – ho preso lezioni private, per il flauto mi sono arrangiato da solo. D’altra parte non sono “il pilota”, ma “il meccanico”».


Quindi, l’importante è capire, una volta finito l’intervento, se i “legni” funzionano a dovere. Sarà poi il musicista a chiedere la taratura finale. Alla quale ci capita di assistere mentre Francesco racconta il suo mestiere. In bottega entra Stefano Marcogliese, un cliente che deve ritirare il suo amato clarinetto, messo fuori uso dai ladri che credendolo un computer lo hanno rubato (con la custodia) dalla sua automobile per poi lanciarne i pezzi sull’asfalto. Francesco ha fatto il miracolo. Lo si legge in faccia a Stefano, musicista e insegnante alle medie a indirizzo musicale a San Vito al Tagliamento, che improvvisa una mini esibizione in laboratorio. “Meccanico” e “pilota” si intendono alla perfezione e dopo un paio di aggiustamenti – con una lametta da barba – quello che fino a qualche settimana fa era solo un ammasso di metallo fuori uso è pronto per i prossimi concerti.



Non sempre chi ha uno strumento fuori uso abita in regione. Le “cure” di Francesco sono richiestissime da una clientela composta dai Conservatori italiani prima di tutto, ma anche da professionisti o semplici appassionati che per lo più arrivano dal Centro-Nord Italia. Persino dalla Puglia.

C’è chi, pur di non rischiare guai con la spedizione, preferisce portare sax, clarinetti e flauti direttamente in bottega da Francesco. Il tecnico gentiluomo che non solo “cura” gli strumenti, ma assiste anche i suoi clienti, in tutto e per tutto. «Ho un profondo senso di gratitudine verso queste persone che a volte affrontano viaggi molto lunghi per venire fino da me». Così, chi arriva da lontano, se la riparazione può essere fatta in giornata, grazie alla guida di Udine messa a disposizione da Francesco (e ai suoi consigli), può approfittare per un tour alla scoperta della città.

Un mettersi a disposizione degli altri che a questo giovane artigiano viene naturale. Per questo, sempre ben disposto, condivide senza problemi il suo sapere. Anche oltre le mura del suo atelier. È, infatti, l’unico riparatore di strumenti a fiato in Italia ad essere anche youtuber. Nel suo canale, al momento, sono già postati oltre venti video attraverso i quali offre in maniera dettagliata, chiara e precisa, informazioni e consigli: da come eliminare giochi meccanici su sassofono e clarinetto a come eseguire l’autotaratura del sax o capire se la laccatura è quella originale, da come comprendere se lo strumento ha necessità di una revisione generale a come oliare il clarinetto per prevenire le crepe, fino alle recensioni sugli strumenti. «Con piccoli suggerimenti cerco di evitare il “fai da te” – dice –. Spesso i musicisti usano metodi davvero “barbari” per tentare di riparare i danni, facendone purtroppo altri». L’attak, spiega, «è uno dei materiali più usati prima di arrivare da me». E non mancano le autoriparazioni che hanno quasi dell’incredibile, come quella volta che, persa una vite in un sax, c’è stato chi ha pensato bene di sostituirla con una autofilettante che di solito si usa nel cartongesso.

Ma anche in questi casi Francesco trova una soluzione. Più difficile, ammette, è riuscire a star dietro alla mole di lavoro. «Fatico a chiudere due settimane per le ferie estive», commenta.

Per non parlare dei periodi da dedicare ai corsi, come quello in programma tra qualche settimana a Parigi, alla Selmer, leader mondiale nella costruzione di sassofoni. «Ho chiesto la cortesia di poter spezzare il corso in due periodi, così il laboratorio non resta chiuso per troppo tempo».

I clienti, per lo più raggiunti grazie al passaparola e al tam-tam dei social – il tecnico ha anche un sito sempre aggiornatissimo (www.francescoberini.com) –, non mancano. Quello che manca è, invece, altro: il suo mestiere non ha un nome. «Purtroppo non esiste una parola che ci definisca e capita spesso di essere scambiati per liutai».

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