La storia di Edoardo: "A 24 anni allevo alpaca e lama in pedemontana"

Il ragazzo ha in tasca un diploma di geometra che non ha mai toccato. La sua passione sono gli animali a cui assegna un nome. Alpaca e lama vengono utilizzati per trekking e da questi ricava lana pregiata. A Travesio coltiva anche zafferano

A 24 anni si inventa un lavoro: "Allevo alpaca e lama: li porto con me a prendere gli spritz"

Da poco più di due anni gli alpaca sono presenti nella pedemontana friulana. L’idea di un allevamento è maturata durante una cena di famiglia, in casa Braida, a Travesio. L’obiettivo era di investire sullo sviluppo di un progetto di lavoro il più possibile originale. Padre e figlio hanno trovato l’intesa: «Sono animali che vivono nelle Ande, ma possono adattarsi anche da noi. Proviamoci».

Non restava che smanettare su Internet per ulteriori conferme. Ebbene, in alcune zone, sia alpine che appenniniche, la sperimentazione stava dando buoni risultati. Così l’avventura ha preso avvio. Dell’attività si occupa Edoardo Braida, ventiquattrenne, che ormai è indicato in paese come il ragazzo degli alpaca. La sua è diventata una passione. Ha compiuto alcuni sopralluoghi in Alto Adige, in un’azienda molto affermata, e alla fine se n’è tornato a casa con dieci animali. Tra acquisti e parti, il patrimonio è aumentato.

Nel recinto provvisorio di Martiners, un piccolo borgo di Castelnovo del Friuli, vivono tredici alpaca e sette lama. A primavera sarà pronta la nuova sistemazione, che si sviluppa in quattro ettari a Travesio, ai piedi del monte Ciaurlec. Il giovane sta lavorando sodo per strappare un terreno alla selvaggia invasione del bosco. Lassù c’è una situazione di desolante abbandono. La montagna maledetta era destinata ad area di esercitazioni militari, in tempo di guerra fredda. Da là scapparono tutti.

Negli Anni 60, se ne andarono anche gli irriducibili abitanti di Praforte, le cui case di sassi, contraddistinte da eleganti ballatoi in legno, sono ancora in piedi. Una borgata fantasma, dimenticata da Dio e dagli uomini. Fu inventato il pericolo incombente di frane per fare sgomberare la gente: la presenza dava fastidio all’attività dell’Esercito. Ora il poligono è dismesso, così Edoardo sta contribuendo a riportare un po’ di vita e di allegria in un luogo morto.



Animali docili e coccoloni

Gli alpaca sono mammiferi della famiglia dei camelidi, un po’ pecore e un po’ cammelli senza gobbe. La loro alimentazione è sobria, perché si accontentano di erba d’estate e di fieno d’inverno. Hanno bisogno di poche cure: «Mi arrangio di tutto. L’operazione un po’ più complessa è quella della tosatura che effettuo a primavera inoltrata». Sono generosi, perché danno tre, quattro, chili di lana ciascuno, tra l’altro di qualità ricercata per la sua delicatezza.

«Quest’anno – spiega Edoardo – ho ricavato una cinquantina di chili, inviati a una fabbrichetta di ragazzi di Vicenza per il trattamento. Mi sono stati rispediti i gomitoli pronti per l’uso». Così ha messo al lavoro la madre Flavia per la produzione di sciarpe, berretti, guanti. Si è trattato di un primo test di verifica: «Ho tribolato molto per venire a capo di pratiche burocratiche assai ingarbugliate, ma ora sono pronto per le molteplici attività».

Oltre alla lana, gli alpaca (ma anche i lama, che sono molto simili) esercitano alcune interessanti funzioni. Intanto, sono dei taglia-erba formidabili, perché tengono pulito il terreno, anche quello più impervio; poi alimentano un importante business legato alla loro vendita, in quanto sono molto richiesti come animali di compagnia e di bellezza: i prezzi oscillano fra i tre e i quattromila euro.

La fase della gestazione è però lunga, arriva a superare anche l’anno: «Ma non è difficoltosa, quando serve mi occupo io dell’assistenza, trasformandomi in veterinario. Ho fatto i corsi d’intervento in caso di emergenza durante il parto. Finora è andato sempre bene». Poi ci sono i concorsi internazionali in giro per l’Italia: «In Alto Adige ho vinto il primo posto per il miglior lama». È stato premiato Calvaro, che ormai è amico inseparabile di Edoardo: «L’ho addestrato talmente bene che me lo porto anche al bar. Entra con me a prendere lo spritz».

Chiama i suoi coccoli per nome: Anacleto, Nerone, Eclissi, True mister, Calvaro. Li ha abituati alle attività di trekking, che organizza per le famiglie lungo i sentieri del Ciaurlec, e alle pratiche di pet therapy in collaborazione con i centri estivi: «Sono animali intelligenti, hanno imparato le regole di comportamento. Sputano in continuazione quando hanno paura, ma adesso non lo fanno più».

C’è anche spazio per lo zafferano

Edoardo ha in tasca il diploma di geometra, ma non l’ha mai toccato. Ha scelto un’altra strada per dare concretezza alle sue passioni. «Dopo la licenza media – spiega – non si hanno ancora le idee chiare sul percorso scolastico, poi la maturità può portare a decisioni diverse». Avrebbe avuto l’opportunità di un posto fisso, ma la scrivania non fa per lui: «La libertà è in mezzo alla Natura».

Così è diventato imprenditore agricolo, pronto per mettere in piedi un’aziendina chiamata Zalpa, un acronimo che mescola lo zafferano con gli alpaca. Edoardo ha subito capito che è fondamentale l’autosostenibilità economica, perché non si può vivere soltanto con un piccolo allevamento. È indispensabile inserire più anelli per allungare la catena delle attività. Il suo è un modello multitasking, come quello di altri giovani che hanno sviluppato l’amore per la terra. C’è un po’ di tutto: coltivazione di nicchia, trasformazione dei prodotti, sistemi di marketing e di vendita. Lui ha aggiunto il piccolo allevamento di alpaca e di lama integrato dalle attività connesse.

Non è finita: il progetto di breve-medio termine prevede anche una “frasca”, dove vendere i prodotti, e un’attività di bed and breakfast. Superata una crisi iniziale, Zalpa si è rafforzata con l’ingresso come socio del padre Roberto, che sostiene il figlio in tutte le iniziative: «Guai se non ci fossero i miei genitori a spronarmi nella realizzazione delle idee». Così ha trovato spazio la coltivazione dello zafferano, sfruttando al meglio alcuni terreni a Travesio e Castelnovo.

Oggi pianta all’incirca 100 mila bulbi e produce quasi un chilo di oro rosso, come viene chiamato per il suo alto valore che oscilla fra i 20 e i 25 euro al grammo. Dietro alla valorizzazione dei preziosi stimmi, c’è un lavoro impegnativo, eseguito a mano: raccolta e mondatura immediata dei fiori, prima che appassiscano; essiccazione del prezioso filamento di colore rosso vivo; tecniche di vendita di quella che ormai è una spezia pregiata per la nostra cucina. In realtà, l’uso del prodotto si è allargato: grissini, biscotti, pasta, dolci, liquori, tisane.

Zalpa tratta la commercializzazione sotto il marchio Zafferano del Friuli, ideato da Walter Zamuner, di San Quirino, che ormai è il maggior coltivatore del Nordest. I giovani colgono il valore aggiunto delle alleanze fra micro-imprese. Si aiutano a vicenda, pur mantenendo la propria identità. «Le chiamerei reti di amicizie – precisa Edoardo – con la distribuzione di compiti e specializzazioni».

La valorizzazione del territorio

Zalpa ha incrementato le tipicità della vallata, solcata dal torrente Cosa, il quale è a volte irruente (nei periodi delle grandi piogge), a volte tranquillo, a volte secco per gli effetti evidenti dei cambiamenti climatici, ma anche dello sfruttamento delle acque. Edoardo è un giovane che ascolta attentamente gli anziani per poi approfondire i consigli. Sta così ripristinando vecchie colture che si erano perse tra le pieghe della storia. Esemplare è un suo aneddoto: «Pierina, un’anziana del luogo, mi ha portato alcune sementi di aglio antico di Travesio, roba di un centinaio di anni fa». Con pazienza lo ha fatto rivivere. È un bulbo di piccole dimensioni, di colore bianco e dal gusto forte. Sapori di una volta. E tra le altre varietà c’è anche quello orsino che in zona cresce spontaneo tra la folta vegetazione di Praforte.

Si racconta che gli orsi, svegliandosi dal letargo, fossero attratti da queste robuste piantine dall’odore pungente di aglio selvatico. Non solo. È stata rivalutata la cipolla rosa del luogo, parente di quella rossa di Cavasso Nuovo. Zalpa è un cantiere aperto di iniziative che si muovono attorno alla creatività della famiglia Braida. L’aziendina ha già in produzione almeno 400 meli autoctoni e dalla frutta ricava all’incirca 600 litri di succo. Il lavoro di trasformazione è affidato all’esterno, ma tra i progetti c’è anche quello di un piccolo laboratorio, dove verrà lavorato anche il miele di provenienza locale. Infatti, sono state commissionate a una ditta più o meno cinquanta arnie.

Oltre alle mele, è stato avviato il ripristino delle piante autoctone di susini e di peri, perché le vallate di Castelnovo, prima dell’abbandono, erano piene di frutteti e di orti familiari che alimentavano i commerci delle rivindicules. Ed è stato reintrodotto l’ulivo (circa 150 piante), abbondante in pedemontana prima della catastrofica gelata del 1929. La novità riguarda invece la coltivazione di helichrysum italicum, che è un arbusto officinale simile alla lavanda. La differenza più evidente la fanno i fiori, che sono gialli e raccolti a ombrello: «Mi ha convinto un amico croato. Ho già avviato la semina in semenzaio. Se tutto procederà per il verso giusto, metterò a dimora le piantine su campo aperto. L’uso è legato alla cosmesi. Si ricaveranno infatti oli essenziali, creme e profumi. Funziona così: taglierò la pianta un paio di volte all’anno e porterò il materiale a Erto per la trasformazione».

È una scommessa in stile work in progress. Come accade alle nuove generazioni che vivono di valori della terra, Edoardo di notte sogna e di giorno si impegna a esprimere la sua progettualità. Si tratta di giovani che lavorano per se stessi, ma contribuiscono allo sviluppo di paesi e di vallate. Sono i custodi del territorio.


 

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