La Spav è fallita: non garantiva i creditori

Il tribunale ha revocato il concordato preventivo alla storica azienda di Martignacco. L’avvocato: c’erano già commesse
Di Luana De Francisco
ANTEPRIMA Martiagnacco 23-10-2008 spav
ANTEPRIMA Martiagnacco 23-10-2008 spav

MARTIGNACCO. Non ce l’ha fatta: anche la “Spav prefabbricati spa”, la storica azienda di Martignacco finita dall’estate scorsa nella morsa della crisi economico-finanziaria, è ufficialmente fuori gioco. La sentenza che ne ha dichiarato il fallimento è stata depositata ieri mattina dai giudici del collegio del tribunale civile, che giovedì si erano ritirati in Camera di consiglio, dopo l’udienza di revoca dell’ammissione al concordato preventivo.

A interrompere il cammino “concordatario” e convincere i giudici (presidente Alessandra Bottan, a latere Lorenzo Massarelli e Andrea Zuliani) a ritenere decadute le condizioni per continuare a dare fiducia alla società, è stata la «mancanza di capienza degli immobili», dalla cui vendita la Spav aveva calcolato di ricavare i soldi necessari a soddisfare le pretese dei creditori. Era stato il commissario giudiziale, Giuliano Bianco, a sollevare la criticità, rilevando una divergenza tra le valutazioni dei periti dell’una e dell’altra parte. Concordando con le perplessità del commissario, il tribunale ha dunque giudicato insuperabile il problema e posto fine alle speranze di amministratori e lavoratori. E ha nominato lo stesso Bianco quale curatore fallimentare.

Neppure l’integrazione al piano presentata qualche giorno fa dai professionisti incaricati dall’azienda della sua elaborazione, avvocato Emanuele Urso e commercialista Daniele Cattaruzzi, dunque, è bastata a fare cambiare idea al collegio. All’originaria previsione di destinare ai creditori chirografari i circa 9 milioni di euro che la Spav riteneva di riuscire a ottenere dalla liquidazione della propria sede di Martignacco e del capannone industriale, a Villa Santina, era seguito l’impegno ad assicurare loro il pagamento minimo del 10 per cento, attraverso l’attività della società.

L’azienda era stata ammessa al concordato preventivo il 24 dicembre scorso. Appena un mese dopo, però, la procedura era stata sospesa, a causa dell’improvviso sequestro dei beni della società e del conseguente ritardo nel pagamento delle spese procedurali (per un’altra vicenda, questa volta di natura penale, a carico del suo legale rappresentante, Roberto Turello). Il saldo della somma (400 mila euro), seppure tardivo, e le garanzie date al tribunale dai professionisti, tuttavia, avevano trovato un riscontro positivo nei giudici, che il 26 gennaio avevano autorizzato il prosieguo del lavoro. Fino alla nuova battuta d’arresto del 25 febbraio.

Sulla Spav, dall’estate, pendeva già la spada di Damocle della Procura, che aveva presentato istanza di fallimento in base all’esame dei dati economici e dei bilanci. Di lì a poco, l’iniziativa del pm era stata “bissata” da un’azienda creditrice, la “Ati spa”. È stata proprio la giacenza delle due richieste a determinare la contestualità tra la revoca del concordato e la dichiarazione di fallimento. Da questo momento, inoltre, potrebbe aprirsi un nuovo fronte giudiziario, questa volta penale. Sul punto, la Procura non si sbilancia, limitandosi a confermare che saranno valutatati eventuali altri profili.

«C’è grande dispiacere – ha commentato l’avvocato Urso –, anche considerando i notevoli sforzi profusi e dei quali, finora, il tribunale aveva sempre dimostrato di tenere conto. Francamente, confidavamo in una soluzione positiva, alla luce peraltro degli ottimi segnali derivanti dalle commesse in corso. Si è ritenuto non vi fossero i requisiti per garantire i creditori, ma adesso – ha concluso – dal fallimento si ricaverà molto meno, di quanto si sarebbe potuto ottenere con il prosieguo dell’attività».

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