La scuola di danza Bront e lo studio Pascolini chiedono aiuto a Fedriga

CIVIDALE

Non sanno se riusciranno a sopravvivere. L’una storica – si parla di 35 anni di attività e di una notorietà internazionale, come attesta il filo diretto con l’Inghilterra –, l’altra giovane eppure subito radicatasi, due realtà cittadine attorno alle quali, pre-pandemia, gravitavano un centinaio di utenti si ritrovano pericolosamente in bilico per effetto delle restrizioni anti-Covid e lanciano così il loro disperato appello alla politica.

La Scuola di danza classica e moderna di Erica Bront, da sempre in collegamento con la celebre Hammond School di Chester (e non solo), e lo Studio Pascolini, che opera nel campo delle discipline olistiche, sono impossibilitati a lavorare da tre mesi e privi di qualsiasi tipo di ristoro in quanto non rientranti in alcuna delle fattispecie previste per i sostegni statali. «La danza – spiega Erica Bront, facendosi portavoce del problema di un intero settore –, non può contare su una precisa regolamentazione nazionale. Non rappresenta una categoria, insomma: noi, di fatto, non esistiamo». Lo stesso vale per lo Studio Pascolini, anch’esso penalizzato dall’impossibilità di inserirsi in una delle casistiche definite dal Governo per i rimborsi.

Il rischio, in entrambi i casi, è la chiusura, o quanto meno un «congelamento» fino a tempi migliori. «Dopo 35 anni. Dopo una vita dedicata all’insegnamento», scandisce la titolare della scuola, che dice di darsi tempo fino al 31 marzo, «poi si vedrà: se nulla si muove – ribadisce – sarà difficile continuare». Altrettanto incerto il futuro che si spalanca davanti allo Studio Pascolini, in cui operano una decina di professionisti: «Non abbiamo diritto a nulla – conferma la titolare, Federica Pascolini –, pur erogando un servizio che ha una forte valenza sociale, considerato che gli utenti spaziano in ogni fascia d’età». Ecco così l’accorato appello alla Regione, direttamente al governatore Fedriga: «Ci riceva, se possibile. Siamo portatrici – dichiarano le interessate – del forte disagio di moltissime realtà analoghe: ci si lasci lavorare, nell’osservanza di tutti i vincoli necessari», invocano, chiudendo con la segnalazione di una «difformità incomprensibile»: «A ogni società sportiva che può far leva sull’agonismo è consentito allenare i propri iscritti. Gli esami di danza – conclude Bront – non sono forse equiparabili a un impegno agonistico? ». —



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto