La Sacile in bianco e nero firmata Missinato Una mostra dedicata a Bepi che con il fratello Aldo ha fatto la storia della fotografia in provincia

SACILE. Sacile “black and white” nelle foto di Bepi Missinato. Scatti di cronaca e di vita vissuta, in mostra da venerdì nella galleria del San Gregorio. E’ una dedica della Pro al fotografo della...

SACILE. Sacile “black and white” nelle foto di Bepi Missinato. Scatti di cronaca e di vita vissuta, in mostra da venerdì nella galleria del San Gregorio. E’ una dedica della Pro al fotografo della città: ha immortalato 55 anni di cronache urbane. Dalla carta stampata all’editoria (“I sacilesi” nel 2008 con ritratti molto “local”), sempre con passione.

«Feste, matrimoni, sport, cronaca, show, la Sagra dei osei – propone la Pro sul profilo Facebook –: tutto nel suo obiettivo. Bepi? Un fotografo d’altri tempi, fedele al suo click con l’analogica che ha sempre usato in barba alle tecnologie digitali. In bicicletta o sulla “motoretta”, era onnipresente: per fermare il tempo in un flash». Più di un fotografo, dicono i sacilesi che conoscono la sua grinta. «Un incidente, un incendio? Ambulanze, pompieri, forze dell’ordine arrivavano sempre dopo il Bepi».

Quegli scatti contro l’abbuffata mediatica, con l’effetto “optical” che i grandi Cartier-Bresson, Newton, Scianna, De Marco dicono sia il colore della riflessione ai tempi dell’iPhone. Erri De Luca, uno che di professione fa lo scrittore, dice che siamo fatti del grigio della polvere del suolo e del fiato del vento: è un po’ la misura del “tempo perduto” e ritrovato negli scatti di Missinato. Il reportage in bianco e nero infila, scatto dopo scatto, le storie di Sacile.

Dicono i grandi dell’obiettivo che fotografare è «mettere sullo stesso asse occhio, testa e cuore». Il bianco e nero degli scatti spalmati nel tempo della città da Missinato sono carichi di significati aggiunti: quelli che si meditano, magari tormentano il cuore, oppure hanno l’effetto liberatorio per mettere una pietra sopra a quel passato che si purifica delle polveri sottili della sofferenza e diventa come una reliquia in foto: mica deve essere per forza vero, ma ha significato, senso per tutti.

I colori? Si inventano, magari, nell’anima. «Che ricordi indelebili – posta Graziella Vendramin sul profilo web dedicato – in quella vetrina di Bepi, in via Garibaldi». Francesco Serratore lo confessa: «Mi fermavo sempre a leggere la pagina di giornale appesa in parte per rivedere le foto di Sacile e della sua gente». Un maestro del click come Scianna dice che c’è un gioco triangolare tra autore, fotografia e chi la guarda. In bianco e nero, si interpreta l’immagine, inventando i colori. Simboli, insomma, per dare un senso alle cose e alla vita. Quello che serve, magari, nella società “barocca” delle immagini eccessive, provocatorie e fracassone. Bepi Missinato non ha mai sostituito la “sua macchina” con il cellulare. L’iPhone (o smartphone) l’ha lasciato agli altri, onnivori di immagini scippate dove capita. «Lo zio Bepi e papà Aldo avevano modi diversi di fotografare – Michele Missinato è il reporter del Messaggero Veneto che ha concentrato il talento di famiglia –. Mio padre era appassionato di scatti di cronaca e lo zio Bepi di personaggi. Ma hanno imparato il mestiere nello stesso negozio di Cao: a 15 anni a bottega».(c.b.)

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