La ricercatrice di Raveo studia la “guerra” tra proteine e cellule

Katia Zanier, 42 anni, lavora da dieci al Cnsr di Parigi. Ha scoperto come si formano vari tipi di cancro

UDINE. E6 blocca P53 e la cellula si danneggia irrimediabilmente. Non è una battaglia navale e tanto meno una guerra stellare, è la descrizione di quello che succede nel nostro organismo quando entra in azione la proteina E6.

Ovvero l’oncoproteina del Papilloma virus, denominata E6, che porta alla formazione di vari tipi di cancro tra cui il tumore alla cervice uterina.

Katia Zanier, classe 1975, la ricercatrice di Raveo oggi nello staff del Cnrs, il Cnr francese, ha impiegato anni per studiare «come E6 riesce a inattivare la funzione della proteina delle cellule P53 definita il guardiano del genoma, che entra in azione per riparare la cellula quando viene sottoposta a stress o a troppe mutazioni o altrimenti per condannarla al ‘suicidio programmato’ detto anche apoptosi».

Sono meccanismi naturali che permettono di mantenere integre le funzioni cellulari. Ed è proprio in questo momento che entra in funzione E6.

Lo fa «bloccando e impedendo a P53 di fare il suo lavoro». Detta così può sembrare una cosa relativamente semplice, invece per arrivare a mettere insieme tutti i tasselli, al team dei ricercatori del Cnrs del quale la ricercatrice carnica fa parte, sono serviti anni. Il primo lavoro l’ha pubblicato sulla rivista scientifica “Science” nel 2013.

All’epoca Zanier era “prima firma”. Ne è seguito un altro e, pochi mesi fa il terzo, finito sulle pagine di “Nature”. In questo caso Zanier è ultimo autore, e cioè coordinatrice del progetto. «Abbiamo capito – spiega la ricercatrice – come avviene la prima tappa di inibizione di P53.

Il blocco si attiva per associazione di proteine». Non è stato un percorso breve, sono serviti anni solo per la raccolta dei campioni: «Sapevamo che E6 esisteva, ma non l’avevamo mai vista. Non capivamo come funzionava».

La studiosa non lo dice, ma dalle sue parole si coglie quanta determinazione le è servita per arrivare alla comprensione della struttura dell’oncoproteina. Il Cnsr l’ha premiata consegnandole la medaglia di bronzo.

«La superficie di E6 – continua la studiosa – è composta da tasche, una permette il legame con la prima proteina ed è proprio questo legame a creare il cambiamento che porta alla formazione della seconda tasca grazie alla quale si forma il legame con P53. Una volta completato il processo, su P53 si creano le etichette riconoscibili dal sistema di denigrazione della cellula».

Zanier, raggiunta telefonicamente nel laboratorio di Strasburgo dove lavora, si ferma un attimo. Si preoccupa di risultare sufficientemente chiara nella spiegazione. E quando le chiediamo quali saranno le conseguenze di questa scoperta, la sua voce si fa squillante, è la voce di chi crede nei risultati della ricerca.

«Quando si conoscono bene i sistemi molecolari – sottolinea –, si possono studiare più nel dettaglio i processi di degradazione delle cellule, si possono sviluppare i farmaci per inattivare il tumore».

Questo è l’obiettivo del team del Cnrs che si appresta a studiare altri ceppi del Papilloma virus. Oppure come sta facendo Zanier, a «studiare altri meccanismi di regolazione delle funzioni di P53». Studi che, alla pari dei precedenti, vengono effettuati attraverso la cristallografia e la risonanza magnetica nucleare.

Katia è una delle tante studiose formate in Italia ed emigrate all’estero. Dopo aver frequentato le scuole superiori al liceo classico San Bernardino di Tolmezzo e al Collegio del mondo unito di Trieste, ha conseguito una laurea in biochimica a Londra per poi effettuare un PhD ai Laboratori europei di biologia molecolare (Embl) di Heidelberg in Germania.

Titoli che le hanno aperto la strada al Cnrs di Parigi dove la studiosa lavora ormai da una decina d’anni.

«Al Cnrs – racconta la ricercatrice – la comunità di stranieri più numerosa è quella italiana». Katia torna spesso a Raveo, il comune carnico dove vive la sua famiglia, e tutte le volte prova a pensare se la sua carriera sarebbe stata la stessa in Italia: «Il progetto che sto portando avanti richiede tempi lunghi, non si fa in due anni di contratto».

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto