«La radioterapia? Tra 5 mesi.» Si salva andando a Trieste

UDINE. Cinque mesi di attesa per iniziare la radioterapia e fermare un duplice cancro al seno. Troppi, anche per gli stessi medici. È salva grazie a un “un posto” trovato a Trieste.
Quella dell’udinese Cristina è una storia in cui il tempo ha un’importanza fondamentale: anche un singolo giorno può fare la differenza.
«A settembre dello scorso anno – racconta Cristina –, facendo una mammografia mi è stata diagnosticata una duplice neoplasia maligna al seno. Due anni prima avevo dovuto affrontare una battaglia simile e avevo avuto una pessima esperienza, mi ero sottoposta a una trentina di sedute radioterapiche e avevo assunto un farmaco, il tamoxifene, che mi aveva provocato non pochi problemi.
Sono stata operata alla Casa di cura Città di Udine il 28 ottobre. Fortunatamente, i due tumori erano allineati e vicini, l’intervento con l’asportazione del quadrante non è stato molto invasivo e il risultato, sia dal punto di vista clinico che estetico, è stato eccelente».
Era il primo passo di un percorso che, di nuovo, doveva comprendere cicli di radioterapia e l’assunzione di farmaci.
«Il chirurgo che mi ha operata, come del resto l’oncologo e il medico di base, mi hanno detto che dovevo assolutamente iniziare il ciclo entro tre mesi dall’intervento – racconta Cristina – mi sono quindi rivolta all’ospedale civile, ma mi hanno fissato la visita radioterapica solo al 28 gennaio e ho scoperto che, per potermi sottoporre al ciclo di radioterapia, dopo la visita avrei dovuto attendere almeno altri due mesi, quindi oltre cinque mesi dopo l’intervento.
Mi sono sentita perduta, ho anche cercato di parlare con il primario. Mi ha spiegato che, a causa della carenza di medici e personale, i tempi erano lunghi e che avrei fatto bene a rivolgermi a un altro ospedale».
È cominciata alla vigilia di Natale la disperata ricerca di Cristina. Per buona parte inutile. Finchè, chiamando l’ospedale Maggiore di Trieste, una voce dall’altro capo del filo le ha risposto: «Non si preoccupi signora, venga qui subito dopo Natale e per il 22 gennaio le garantisco che comincerà la radioterapia».
«Quella era la voce di un angelo» racconta Cristina, un angelo che le ha indicato la strada. La stessa strada che Cristina ha percorso per quasi due mesi guidando per 150 chilometri al giorno.
«Non volevo andare in treno perché temevo di ammalarmi e di dover rinunciare alla radioterapia – ricorda –, le ultime due settimane sono state le più difficili e, con l’aiuto dell’associazione volontari tumori di Trieste, ho trovato una stanza dove stare senza dovermi sorbire tutta quella strada. Ho affrontato tutto questo da sola, senza poter detrarre nulla, nè la benzina, nè le spese dell’autostrada, nè della camera nella dichiarazionedei redditi, perchè all’ospedale della mia città non c’era posto».
Nelle parole di Cristina filtra tutta l’amarezza di un’esperienza che ha lasciato il segno.
«La prima volta che mi è stata diagnosticata la neoplasia al seno, nel 2013, l’ho appreso attraverso una telefonata al cellulare e mi sono sentita mancare. A volte ho trovato persone poco cortesi, che non hanno capito quanto fossi vulnerabile e bisognosa di un incoraggiamento – conclude Cristina –, eppure, a volte un sorriso è più potente di una medicina».
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