La partigiana, il 25 aprile e le chiacchiere

Paola Del Din ci insegna che la libertà è una conquista da proteggere da minacce, pericoli e da ogni insidia
Paolo Mosanghini

Chiedo a Paola Del Din, Medaglia d’oro al valor militare, eroina della Resistenza, se non ci sia un abuso nell’utilizzo frequente delle parole “patria” e “patrioti” e se ci sia un distinguo tra come erano usate per difendere i confini dagli invasori e come sono entrate nel linguaggio attuale della politica.

«Avevamo degli ideali molto forti che non sono il telefonino o poco altro….», mi risponde al traguardo del secolo.

La sua vita è intrinsecamente legata alle pagine di storia del Paese e della nostra terra, ne va orgogliosa mentre ricorda con freschezza, dopo quasi ottant’anni, quei giorni che visse con coraggio e determinazione.

Anche con tanto amore: per il Paese, per la sua famiglia, per la libertà. Non c’era un forse, ma un dovere: «L’ho fatto perché andava fatto».

E la sua vita narrata nelle pagine di un libro è la Storia. Le domando ancora: il 25 aprile che cosa farà? «Andrò a Tolmezzo dove sarà ricordato mio fratello, Renato, morto nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1944 durante un assalto a una caserma repubblichina gridando: “Viva l’Italia, avanti Osoppo”».

Che senso ha lottare tanto se poi non tramandiamo a nessuno quello che abbiamo imparato? Si domanda e lo ripete, lo ha descritto tante e tante volte di fronte ai ragazzi nelle scuole. Una missione, la sua missione, per invocare e difendere senza cedimenti e compromessi la Libertà.

Mentre Paola («o la chiamo partigiana Renata?», «sono sempre io!», replica) presenta il libro che racconta la sua esistenza, le polemiche sull’anniversario della Liberazione, come già avvenuto in passato, si autoalimentano da destra a sinistra e viceversa.

E questa piccola, grande, coraggiosa, tenace e vivace “ragazza” ci insegna che la libertà è una conquista da proteggere da minacce, pericoli e da ogni insidia, anche da quella delle chiacchiere.

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