«La Madonna Pellegrina non è un centro d’accoglienza»

PORDENONE. Crescono i bisogni e la casa Madonna Pellegrina si apre a nuove e vecchie povertà e ai rifugiati, ma non tutti sono d’accordo. Anzi, ci sarebbe pure qualche religioso tra chi non condivide la linea intrapresa in merito dal vescovo di Concordia-Pordenone, monsignor Giuseppe Pellegrini.
Qualcuno non accetta che la casa, fondata negli anni Cinquanta, sia trasformata in una sorta di centro d’accoglienza, non concependo la permanenza a lungo termine di rifugiati. La posizione del vescovo è nota: la Madonna Pellegrina dev’essere ora rivolta alla carità a tutto campo.
Monsignor Pellegrini, a tal proposito, alla presentazione del bilancio dell’attività 2013 del Centro di ascolto diocesano, ha ricordato, come riportato anche sul settimanale diocesano Il Popolo, che «a partire da settembre mettiamo a disposizione casa Madonna Pellegrina perché siano date risposte alla povertà di chi vive tra noi. Lì troveranno una serie di servizi, tra cui un pasto caldo e una doccia calda».
Esplicito l’intento di dare accoglienza ai rifugiati, ma anche quello di rispondere ai bisogni di uomini rimasti soli («Marocchini in primis», si specificava sul Popolo). Già c’è l’impegno in merito della Caritas, ma a fronte di crescenti difficoltà servono attrezzature ed ecco spiegata la destinazione d’uso di casa Madonna Pellegrina. È la carità cristiana, o no? C’è chi non è d’accordo.
Una serie di posizioni sarebbero condivise da alcune persone che gravitano nell’ambito della Madonna Pellegrina. Per loro certe responsabilità, come nel caso dei rifugiati – con annesse problematiche dei centri d’accoglienza –, dovrebbero rimanere prerogativa dello Stato, lasciando la casa, inadatta allo scopo, immutata.
Va bene pensare alla sofferenza di tante persone, ma con il coinvolgimento di tutti (consigli pastorale e presbiterale e forania: qualcuno mormora invece di “decisionismo”) e riflettendo su tutti gli aspetti.
Tra i contrari, ci sarebbe anche un religioso. Nella sua missiva, rivolta a conoscenti, si constata che nella casa «da ottobre risiede una ventina di afghani. Non vorrei si pensasse, alla Pellegrina, oltre agli uffici Caritas, anche a un centro di accoglienza immigrati. Che senso ha questa assistenza per mesi a giovani e robusti senza far niente? È stata pensata come centro pastorale e residenza di sacerdoti. Si può cambiare destinazione non pensando alla sua storia e ai sacrifici dei fedeli della diocesi senza un’adeguata riflessione?».
Ancora: «Un conto è l’emergenza di persone in strada, per una accoglienza di 3-4 giorni, ma di permanenza di mesi non vedo l’opportunità». Stando a questa testimonianza la convivenza con i rifugiati e il loro modo di vivere all’interno della casa non sarebbe facile, tanto che ci sarebbe chi chiede più «vigilanza» e osserva: «La casa merita decoro, immagine dignitosa per chi viene e chi vi abita».
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