La guerra delle creme finisce in tribunale, un punto alla Di Lenardo

UDINE. Nè concorrenza sleale e neppure violazione della tutela industriale. Finisce con un primo punto a favore della “Di Lenardo cosmetics srl” la battaglia legale promossa dalla “Bakel srl” contro colei che, fino a qualche mese prima, ne era stata l’amministratore delegato e che, ritrovatasi di punto in bianco estromessa, si era rimboccata le maniche dando vita a una società per la produzione di creme e prodotti anti-age per il viso rivolti a un mercato di nicchia.
A chiudere la vertenza, con un provvedimento che riconosce alla nuova attività i crismi della «corretta attività imprenditoriale», è stato il collegio del tribunale delle imprese di Trieste, rigettando il reclamo proposto da Bakel dopo il giudizio di infondatezza del ricorso cautelare incassato in febbraio. Il che, a parere dei difensori della Di Lenardo, avvocati Luca Ponti e Alessandro Tudor, rende «altamente improbabile un diverso esito nell’eventuale giudizio di merito».
Causa su cui l’avvocato Maurizio Miculan, che nel procedimento rappresenta Lorenzo Sirch, presidente della Bakel (suo il 10 per cento delle quote), oltre che consigliere nazionale dei dottori commercialisti e presidente della Banca di Udine, conta invece non poco, avendo il giudice del reclamo precisato «che la consulenza tecnica da noi richiesta per provare la concorrenza sleale andrà esperita nel contenzioso ordinario».
Era stata la querela presentata dallo stesso Sirch, il 20 aprile 2016, a mettere in moto la macchina giudiziaria. Coordinata dal pm Annunziata Puglia, l’inchiesta - per la quale è stata da poco notificata alle parti la proroga delle indagini preliminari - era culminata alla fine dell’anno nelle perquisizioni condotte dai carabinieri della Polizia giudiziaria a casa e negli uffici della Di Lenardo, che di Sirk è cugina e che della Bakel continua a mantenere il 45 per cento delle quote (socia di maggioranza, quindi, insieme a Raffaella Gregoris, moglie di Sirk e titolare del restante 45 per cento).
Nella vicenda è rimasta coinvolta anche Monia Segato, ex responsabile commerciale di Bakel, dimessasi nel febbraio 2016, in concomitanza con il lancio della nuova linea. Difesa dall’avvocato Roberto Mete, che a sua volta ha ricondotto il caso nell’alveo di una «corretta attività imprenditoriale, nell’ambito della dinamica della concorrenza, assolutamente neutra anche sul piano civilistico», è chiamata rispondere con la Di Lenardo delle ipotesi di reato di rivelazione di segreti industriali e di appropriazione indebita.
A monte, quindi, il sospetto di un’illecita acquisizione del know how scientifico della società, attraverso il back up non autorizzato dei dati relativi alle formule e alle informazioni commerciali contenuti nel server aziendale. Stando ai periti citati in denuncia, i cosmetici a marchio “Insium” della neonata società concorrente, che ha sede in via Gemona, sarebbero «sostanzialmente sovrapponibili per caratteristiche e fasce di prezzo» a quelli di Bakel, che invece ha base in viale Ledra.
Un’imitazione bell’e buona - stando a quanto denunciato dal cugino -, venduta a condizioni economiche più favorevoli e andando a pescare proprio tra i clienti storici di Bakel, di cui sarebbero stati sfruttati anche gli investimenti nella formazione del personale addetto ai punti vendita.
Da qui, nelle more degli sviluppi delle indagini preliminari, la richiesta dell’avvocato Miculan di inibire alla Di Lenardo la commercializzazione delle proprie creme.
Ricorso che il tribunale di Trieste aveva ritenuto infondato. Recependo le argomentazioni dell’avvocato Ponti, il magistrato aveva affermato, in particolare, come la realizzazione di prodotti antietà «con soli principi attivi e senza sostanze inutili» non rappresenti affatto un unicum nel panorama aziendale della dermocosmesi di alta gamma, e come la perdita del dieci per cento della clientela non sia di per sè sufficiente a parlare di concorrenza sleale.
«I prodotti Insium, oltre ad avere caratteristiche diverse da quelli della controparte – ha osservato la difesa –, vengono venduti nelle profumerie di nicchia a un prezzo pubblico superiore a quelli della Bakel. A ulteriore riprova – ha aggiunto – che la Di Lenardo, con la sua nuova attività, ha voluto posizionarsi sul mercato in maniera distinta rispetto al marchio Bakel. E cioò, anche per evitare una concorrenza diretta con una società da lei posseduta al 45 per cento».
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