La fidanzata di Luca Vuerich: «Lo ricorderemo con una grande festa perché lui voleva così»
Tarvisio tenta di reagire alla drammatica scomparsa di Luca Vuerich che è stato travolto da una slavina mentre stava effettuando una scalata su una cascata ghiacciata in Slovenia

TARVISIO.
«Mi raccomando, adesso dobbiamo organizzare una festa, proprio come voleva Luca, così lo dovremo ricordare». Parole di Leila, la ragazza di Luca Vuerich, l’alpinista ucciso venerdì in Slovenia da un’improvvisa valanga stava scalando una cascata di ghiaccio. Così Tarvisio cerca di reagire alla tragedia, ma sarà tutt’altro che facile.
Il paese ieri era ammutolito. Ovunque si respirava un’aria pesante: quel ragazzo, Luca Vuerich, 34 anni compiuti da poco, era uno dei simboli della città. Tutti gli volevano bene, tutti lo ammiravano. Se n’è andato per una disgrazia in montagna, sui suoi monti. Su Facebook a tempo è stato aperto un gruppo per ricordare l’alpinista, si chiama “Ciao Luca”. In un baleno si sono iscritte oltre duecento persone, già oggi c’è da credere raddoppieranno.
Tarvisio attende che dalla Procura di Udine arrivi il nulla osta per i funerali. Servono alcune autorizzazioni dalla Slovenia, luogo dell’incidente, poi forse la procura di Udine disporrà l’autopsia. Intanto, in attesa dell’ultimo saluto, quello che era il mondo di Luca è sconvolto.
Il centro di quel mondo è la casa dei Vuerich. Poco più in là gli sciatori stanno completando le ultime discese di giornata sulla Di Prampero. L’elegante villetta è da un giorno pellegrinaggio di parenti e amici che vogliono stringersi attorno alla famiglia. Elisa, la sorella di Luca apre la porta. Subito all’ingresso, sulle scale, le foto delle imprese di Luca e di papà Luciano non si contano. Al piano sotto c’è il gruppo di amici del Soccorso alpino, in molti hanno partecipato alle operazioni di soccorso dell’alpinista. Sono lì da un giorno, per stare vicino alla famiglia.
Una rampa di scale e, accanto a parenti e amici affranti, ci sono mamma Elvira, originaria di Resia (un altro paese in lutto da venerdì) e papà Luciano. Ha 67 anni, alle spalle anche l’esperienza da emigrante in Francia e soprattutto decine di imprese sulle montagne di tutto il mondo, Himalaya compreso. Ci stringe forte la mano e gli si aprono gli occhi quando ricorda Luca bambino. «La montagna gli è entrata nel sangue subito, all’inizio degli anni ’80 io partecipavo alle missioni in Nepal o nel Pamir e lui, adolescente, sognava di fare l’alpinista».
C’era riuscito Luca. Guida, alpinista di prim’ordine. «Sognava di fare l’alpinista di professione ed è riuscito a farlo, era felice». La paura? «In montagna si convive con la paura - spiega Luciano Vuerich -. E si sa che l’imprevisto, anche tragico, può capitare: Luca lo sapeva».
Mamma Elvira ha visto partire Luca venerdì mattina, Luciano l’aveva visto la sera prima. «Gli ho chiesto “non andrete mica a cercare guai domani”, nemmeno me lo sentissi».
Suonano al campanello, meglio andare. Luciano si congeda così: «Mi han detto che cercava con le mani di liberarsi dalla neve dopo la caduta...». Luciano non ci vuole pensare, guarda fuori e dice sicuro: «Certo, andrò ancora in montagna, non è colpa della montagna se Luca non c’è più».
Venti chilometri più in sù, a Fusine, circondata dall’affetto della sorella, Nives, Leila Meroi, l’inseparabile ragazza di Luca, esprime lo stesso concetto. Magia della montagna e degli innamorati dei monti, nonostante tutto. «Continuerò ad andar sui monti nel suo nome, così lo ricorderò».
Poi quella richiesta agli amici più cari: «Organizziamo una festa per ricordare Luca, proprio come lui voleva». La montagna, è vero, toglie, strappa quanto c’è più di caro a volte. Ma dà pure tanta forza per reagire. Il modo più bello per ricordare un amico.
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