La doppia battaglia dell'avvocato pordenonese per i diritti dei gay

PORDENONE. Il tribunale di Pordenone ha detto no al suo ricorso – in qualità di avvocato e soprattutto di sposo – contro la cancellazione, da parte della Prefettura, della trascrizione del suo matrimonio. Quella trascrizione che aveva fatto il sindaco Pedrotti, sfidando anche la politica locale.
Ma l’avvocato Francesco Furlan, marito di Derek Wright per la legge del Sudafrica e di molti Paesi europei, ha preferito accantonare la sua battaglia personale contro la politica del ministro Alfano per dedicarsi a una causa che gli sta particolarmente a cuore.
Quella di una giovane coppia – Donato, 19enne di Salerno e Gustavo, 22enne di Lima – che sta diventando un caso internazionale. Perché questa volta non è il Ministero dell’Interno a non voler vedere e usare i Prefetti contro i sindaci – come avvenuto in Friuli –, bensì il Ministero degli esteri.
La storia è apparentemente semplice. I due ragazzi – Donato è in Sud America per studio – si conoscono e si innamorano in Argentina. Il salernitano cerca di venire con il fidanzato in Italia già la scorsa estate, ma l’ambasciata di Lima nega a Gustavo il visto turistico, per due volte.
Poi i giovani si sposano, ma nemmeno a fronte di questo legame affettivo il peruviano viene fatto partire per l’Italia. «Quando ho preso in carica il caso – racconta Furlan – pensavo che ci fosse qualcosa sotto perché mi pareva impossibile che le cose fossero così».
E invece la realtà a volte supera la fantasia. «Il punto di partenza – ricorda il legale – è la circolare del Ministero, emanata nel 2012, che riconosce il permesso di soggiorno per motivi familiari e contempla tra i legami familiari anche quello affettivo tra due persone dello stesso sesso».
Derek, il marito di Furlan, ha ottenuto la carta di soggiorno in virtù di quell’indirizzo. «Ma sia chiaro: anche qui non tutte le questure lo applicano in automatico. Nessun problema a Treviso, di più a Milano. E questo è un paradosso se pensiamo che un cittadino straniero che viene in Italia può ottenere facilmente il ricongiungimento familiare con moglie, figli, ma anche genitori. Un italiano no».
A dicembre «ho scritto all’ambasciata di Lima chiedendo il rilascio di un visto familiare, ma è stata subito resistenza. Il funzionario mi ha risposto che l’unica richiesta possibile poteva essere il visto turistico». Dal 9 dicembre, data della prima richiesta, si arriva a fine gennaio.
«Dopo avermi fatto presentare la domanda di visto turistico, lo stesso funzionario ha respinto la pratica, scrivendo che era incongruente perché le finalità del visto non sarebbero state turistica». Le precedenti richieste erano state cassate nonostante la fideiussione versata dai genitori di Donato per far venire Gustavo in Italia.
Davvero è solo una questione burocratica? Non secondo la famiglia del ragazzo e il legale che si sono rivolti al Tar di Roma. E a pensar male si farà anche peccato, ma nella relazione del funzionario si legge che «l’unico nuovo fatto pervenuto nella terza richiesta di visto è il matrimonio della coppia.
Ed è poco?» rilancia Furlan. In tutto questo Donato è rimasto con Gustavo in Argentina e i genitori del ragazzo stanno spendendo una fortuna tra aerei e pratiche burocratiche.
Il 28 maggio si discuterà la sospensiva del provvedimento di diniego (la controparte è la Farnesina). Il legale pordenonse ha chiesto ai giudici di cancellare il provvedimento dell’ambasciata e di concedere il visto per ragioni familiari. Se le cose andranno come l’avvocato spera, il funzionario di turno non solo dovrà tornare sui propri passi, ma rischia di essere citato per danni.
«Perché in questo caso come in altri non si tratta di difendere un diritto di parte – ribadisce il legale –, ma di far sì che davvero la legge sia uguale per tutti e non affidata alla buona o cattiva volontà del funzionario di turno. In ballo non c’è il rispetto del diritto degli omosessuali, ma di tutti i cittadini».
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