La chiesa-comunità di Santa Maria Assunta compie mezzo secolo

UDINE. La chiamano “comunità”, i fedeli della parrocchia Santa Maria Assunta, perché chiesa parrebbe forse riduttivo. Rappresentata da un edificio che dall’esterno sembra un capannone, dentro invece accoglie e invita la domenica mattina una folla di almeno 300 persone, chiassosa e colorata, che si saluta e chiacchiera prima e dopo la messa.
Una “eglise maison”, questa è l’ispirazione dei progettisti che 50 anni fa idearono la struttura, in viale Cadore, che oggi, come riferisce don Luciano Segatto, collaboratore pastorale di don Franco Saccavino e direttore del Convitto Tomadini, è davvero una grande casa per chiunque voglia frequentarla.
Anche da fuori comune e addirittura da emigrati friulani (che abitano in Spagna o a Berlino e tornano qui a sposarsi o a battezzare i figli), perché «il concetto di territorialità è superato – afferma don Segatto –, questa è una comunità affettiva».
In fondo alla chiesa vi sono due tavolini dove i bimbi disegnano; Betlemme, così è chiamato l’angolo dedicato ai piccoli, che corrono e giocano in chiesa anche durante la messa, «come se fossero in un grande soggiorno, in un clima caotico e di accoglienza».
Ma a render speciale la chiesa Santa Maria Assunta – che domenica 14 febbraio alle 10 chiude i festeggiamenti per il 50º della sua fondazione con la messa concelebrata da monsignor Diego Causero, nunzio apostolico in Iraq, Spagna, Losanna e Praga – è anche un’originale opera d’arte, voluta da don Luciano nel 2015.
Si tratta il “Cristo crocifisso-risorto” di Franco Maschio, artigiano locale ed ex operaio della Fantoni. Vincitore di un concorso internazionale dell’Unicef per una fontana installata nel Principato di Monaco, ha fatto emergere dal tronco di un albero del giardino del Tomadini un Gesù che sta risorgendo, col Padre che dall’alto con le sue mani giganti lo strappa alla morte.
Posizionato nella nuda terra, accanto a un’ampia vetrata della chiesa, il Cristo è osservato da una bambina, simbolo dell’infanzia e dell’intera umanità. «Esprime la vera teologia della chiesa: non il dolorismo medievale del crocifisso, ma neanche l’evanescenza del risorgimento».
E grosse mani sono anche quelle che proteggono la Madonna incinta, baciata sulla tempia dal suo Giuseppe, scolpita sempre da Maschio in un acero. Un’opera che don Segatto ha voluto donare al Tomadini in occasione del 25º anniversario della sua permanenza.
Anche qui una bambina, con lunghe trecce rasta, guarda la Natività, avvolta dalla mano enorme dello Spirito Santo. Mai come oggi un segno di pace, amore e rispetto in un mondo in cui il femminicidio è diventato purtroppo notizia di triste quotidianità.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto