Jankto: "Tra un anno potremmo lottare per l’Europa"

Il ceco dell'Udinese vuole chiudere in crescita questa stagione. E guarda al domani: «Qui posso migliorare ancora»

UDINE. Quando il 30 giugno del 1996 Oliver Bierhoff segnò i due gol che decisero la finale dell’Europeo contro la Repubblica Ceca, Jakub Jankto era nato da sei mesi. Quando l’Udinese sfidò in Coppa Uefa lo Slavia Praga, la squadra nella quale il talento oggi in bianconero è cresciuto, Jankto aveva appena quattro anni.

A volte il tempo è un’unità di misura molto efficace per capire un po’ di cose. Come anche ascoltare una persona parlare ti aiuta a conoscerla. Sentendo Jakub Jankto, si capisce perché a ventuno anni è già titolare in serie A: ha molto ordine in mansarda, per usare una frase cara al preparatore atletico friulano Claudio Bordon.

Jankto: "Bene la partita con la Juve, ma anche contro le piccole dobbiamo fare punti"

Jankto, partiamo dalle origini: la sua carriera in Repubblica Ceca è tutta concentrata nello Slavia Praga?

«A parte un prestito di sei mesi in un club minore sì».

Ruolo?

«Centrocampista o trequartista, ma nei primi anni di settore giovanile ho fatto l’attaccante. Giocavo nelle categorie superiori, ero più piccolo di statura rispetto agli altri, ma segnavo tanto. Anche troppo».

Quando ha messo su centimetri?

«Tra i 17 e i 18 anni, la stagione prima di essere acquistato dall’Udinese».

C’è stata una persona decisiva per la sua carriera?

«Sì, Petr Karoch, il tecnico che mi ha allenato dai 13 ai 17 anni. Ogni tanto ci sentiamo ancora, ma non parliamo mai di calcio. Lo considero più un amico che un mister».

Quando capì che avrebbe fatto il calciatore professionista?

«Nel momento in cui fui acquistato dall’Udinese. Il primo anno con la Primavera è stato difficile, non conoscevo la lingua, non sapevo dire neanche “grazie”. Decisi di interrompere gli studi per concentrarmi solamente sul calcio. Oggi ho ripreso in mano i libri: studio per corrispondenza, voglio ottenere il diploma e se ci riesco poi posso iscrivermi alla facoltà di legge. Il tempo per studiare è poco, lo concentro soprattutto verso sera».

Estate 2015: l’Udinese non riusciva a piazzarla in prestito. Diciotto mesi dopo è titolare in serie A. Strano il calcio, vero?

«Bisogna avere anche un po’ di fortuna. E io l’ho avuta perché l’Ascoli, ripescato dalla Lega Pro, ha usufruito di una finestra supplementare di mercato e mi ha preso».

Quanto è stata importante per lei la stagione nelle Marche?

«Ho trovato tante persone che mi hanno aiutato e che sento ancora. Penso a Giorgi, ma anche a Petagna che adesso è all’Atalanta».

Consiglierebbe a un suo coetaneo di scendere di categoria? Alle volte nei calciatori c’è la presunzione o l’orgoglio di non voler andare a verificarsi in campionati inferiori...

«Dipende. Ognuno ha le proprie necessità: c’è chi preferisce restare in Primavera, chi vuole andare in B e chi invece punta subito a confrontarsi con la serie A».

Il calcio è una passione di famiglia?

«Sì, a casa mia tutti fanno il tifo per il Bohemias Praga. Nessuno mi ha mai frenato nelle scelte. Ai tempi dello Slavia andavo a scuola, facevo allenamento con la squadra e poi mi fermavo a svolgere una seduta integrativa nel tentativo di migliorare».

Da piccolo guardava il calcio italiano in tv?

«No, preferivo il campionato spagnolo e quello inglese. I giocatori cechi che apprezzavo di più erano Rosicky e Milan Baros».

Meglio Nedved o Jankulovski?

«Se devo proprio scegliere, allora dico Jankulovski».

Una volta un giovane doveva fare due-tre campionati d’alto livello per meritarsi il trasferimento in un top club. Oggi sembra che siano sufficienti cinque buone partite per diventare un uomo copertina.

«Io al mercato non riesco a pensare. Voglio finire questa stagione in crescendo, segnare qualche gol, fornire degli assist e aiutare la squadra a salire in classifica. Secondo me siamo da colonna di sinistra, diciamo da nono-decimo posto».

Questa squadra, mantenendo l’ossatura composta dai giovani come lei, Samir, Fofana e De Paul, con due-tre rinforzi di qualità può puntare a giocarsi il prossimo anno un posto in Europa?

«Secondo me sì. Con le squadre migliori del campionato abbiamo dimostrato di potercela giocare alla pari, dobbiamo migliorare sotto il profilo della continuità».

Bene con le grandi, male con le piccole. È anche una questione tattica e di personalità?

«Credo che ci manchi un pizzico di esperienza per gestire alcuni momenti della gara. Ma possiamo crescere grazie all’aiuto dei ragazzi meno giovani come Danilo, Felipe, Hallfredsson e Thereau».

Giocare anche il prossimo anno nell’Udinese potrebbe essere utile per la sua crescita personale?

«Penso di sì».

Due gol in serie A a Juventus e Inter, non due squadre qualsiasi, zero punti conquistati. A quando la prima rete da tre punti?

«Ci sta. Io sono contento se segno, ma deluso se poi perdiamo. Come ho detto prima, vorrei segnare ancora qualche gol da qui alla fine. Lo scorso anno a Pescara con l’Ascoli pareggiammo 2-2 e io realizzai la rete dello 0-1. Finimmo la gara in nove».

Adesso che Fofana ha concluso in anticipo la sua stagione pensa di avere maggiormente spazio?

«Prima di tutto sono dispiaciuto per l’infortunio di Seko al quale auguro di guarire al più presto. Lui è un giocatore di grande personalità e l’ha dimostrato. Io cercherò come sempre di mettere le mie qualità a disposizione del collettivo».

Ma qual è il suo ruolo? Mezzala o esterno di centrocampo?

«Onestamente per me cambia poco».

Iachini intravedeva in lei le caratteristiche dell’esterno in un centrocampo a cinque.

«Ho ricoperto quel ruolo ad Ascoli ma solo quando mancava il titolare. Non credo sia il ruolo ideale per me».

Con la Juve l’abbiamo vista correre incessantemente da una parte all’altra del campo. Come ha fatto a non avere i crampi?

«No no, li ho avuti nell’ultima azione di contropiede».

Quando Matos ha ritardato il passaggio. Ma cosa le ha detto?

«Assolutamente niente. Quando mi sono rialzato sono tornato a centrocampo. Punto e a capo».

Se quel pallone di Zapata non fosse stato deviato da Bonucci...

«Mi sarei trovato davanti alla porta vuota. Probabilmente avrei fatto gol. Va riconosciuto che in quella circostanza Bonucci è stato davvero molto bravo».

Cos’ha pensato al fischio finale?

«Sul momento ero deluso perché sentivo che avevamo fatto una grande gara e che meritavamo di vincere. A mente fredda dico che un pari con i campioni d’Italia non è poi così male».

Dopo l’ottima prestazione con la Juventus ora vi attendono Pescara e Palermo. All’andata deste un’accelerata conquistando sei punti...

«Non possiamo fermarci. In casa nostra dovremo prenderci i tre punti per forza, ma anche a Pescara vogliamo vincere».

A fine campionato l’attendono con la Repubblica Ceca le finali dell’Europeo Under 21.

«Siamo nel girone dell’Italia assieme alla Germania e alla Danimarca. Siamo stati protagonisti di un ottimo girone di qualificazione, ma gli avversari sono di livello e il nostro obiettivo è vivere alla giornata».

Lei nell’Under 21 ha giocato quattro gare segnando tre gol...

«E potevano anche essere di più con tutte le occasioni che ho avuto».

Il ct della nazionale maggiore Jarolim si è mai fatto sentire con una telefonata?

«Ho ricevuto la pre-convocazione per l’amichevole con la Lituania e la gara di qualificazione mondiale con San Marino. Sarebbe una prima volta molto importante per il sottoscritto».

L’Udinese a gennaio ha pescato ancora nel suo paese andando ad acquistare Antonin Barak, centrocampista classe ’94. Cosa ci può dire di lui?

«Abbiamo preso un giocatore forte e un bravissimo ragazzo. Ha caratteristiche importanti, è molto tecnico, mancino, può agire dietro le punte, ma anche fare la mezzala. É un centrocampista più offensivo che difensivo. Bisognerà dargli un po’ di tempo per capire un calcio difficile come quello italiano, ma poi sono convinto che potrà darci una mano».

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