Iva evasa alla dogana archiviazione per la Danieli

Accolta la richiesta del pm a chiusura delle indagini su un contratto con la Russia. Mancato versamento di 1,5 milioni per errore del fornitore sul valore della merce
Buttrio 12 Agosto 2011 danieli copyright PFP
Buttrio 12 Agosto 2011 danieli copyright PFP

UDINE. Ci erano finiti dentro tutti: Giampietro Benedetti, in qualità di legale rappresentante della Danieli, Marco Dal Pont, in quanto spedizioniere doganale, e Alessandro Brussi, come responsabile delle pratiche doganali della stessa azienda di Buttrio. E per tutti l’accusa ipotizzata era stata l’evasione dei diritti doganali, per un ammontare di poco più di 1,5 milioni di euro.

Partite da una segnalazione dell’Agenzia delle dogane di Gorizia, le indagini preliminari sulla fornitura di un impianto per il trattamento dei fumi industriali con la Russia si sono da poco concluse con la richiesta di archiviazione del procedimento.

In calce, la firma del pm goriziano Michele Martorelli, che a pochi mesi dall’apertura dell’inchiesta ha ritenuto il quadro probatorio «equivoco» e gli elementi raccolti insufficienti a sostenere l’accusa in giudizio. Ieri, il responso del gip del tribunale di Gorizia, Paola Santangelo: richiesta accolta e caso chiuso.

Contratto milionario. Al centro della vicenda, l’accordo stipulato tra Danieli e Uraltechinvest Ltd per l’acquisto di componenti per la realizzazione dell’impianto. È il 2010 e le forniture finite nel mirino dei controlli dell’Ufficio doganale sono quelle concluse tra il 31 maggio e il 23 agosto.

Il contratto fissa il prezzo della commessa in 14 milioni 346.497 euro, ma il valore complessivo dichiarato in dogana ammonta ad appena 6 milioni 701.425 euro. La differenza tra la somma degli importi delle singole fatture presentate a corredo delle dichiarazioni di importazione e il valore effettivo dell’operazione, in tesi accusatoria, presuppone uno “sconto” sui relativi diritti doganali.

Un indebito vantaggio economico equivalente a un’evasione dell’Iva pari a 1 milione 548.737 euro. E che, nella conseguente formazione delle dichiarazioni sugli elementi relativi al valore in dogana, prospetta anche un’ipotesi di falso.

Indagati e difesa. Sono gli interrogatori degli indagati, gli accertamenti delegati alla Polizia giudiziaria e la memoria difensiva dell’avvocato Maurizio Miculan a rimettere in discussione, una dopo l’altra, le tre rispettive posizioni. Il primo a uscire di scena è Benedetti, definito «da subito estraneo alle condotte - osserva il pm - di cui risultava essersi interessato Brussi».

Il secondo è Dal Pont, indicato come l’autore di una falsa dichiarazione doganale «frutto - si legge nella richiesta di archiviazione - di un errore eteroindotto». Colpa del fornitore: uno “svarione” nell’indicazione del valore doganale della merce esportata.

«La natura dei beni, peraltro - aggiunge il pm -, non avrebbe in ogni caso consentito un autonomo controllo». Conclusioni analoghe per Brussi, che tra l’altro era subentrato a un collega deceduto proprio nei giorni in cui si completavano le prime due forniture. Insussistenza del dolo, a parere del magistrato.

«Danieli - si legge ancora - contabilizzava la commessa indicando il valore effettivamente corrisposto alla ditta russa e versava tramite bonifici bancari l’importo contrattualmente indicato. Non si aveva prova, allora, di versamento “in nero”, nè di documentazione fiscale che simulasse un prezzo minore di quelloi corrisposto».

Carenza del movente. Accogliendo in pieno un’altra delle tesi sostenute dall’avvocato Miculan, il magistrato ha convenuto sull’«insussistenza di un plausibile movente». La memoria aveva infatti evidenziato lo status soggettivo di «esportatore abituale di cui godeva Danieli e che le avrebbe consentito di non corrispondere l’Iva presuntamente evasa».

Aspetto, questo, destinato a diventare oggetto di un contenzioso tributario. Pur trattandosi - è lo stesso pm a rilevarlo - di una somma «davvero modesta» se comparata ai fatturati miliardari prodotti da Danieli.

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