Irrompe Grillo e il Fvg scopre il tripolarismo GLI ELETTI

Verso le regionali, gli scenari. Un terzo incomodo fra Tondo e Serracchiani Pdl e Pd costretti ad allargare le alleanze

PORDENONE. Doveva essere una partita a due, giocata nello scontro tra il centro-destra di Renzo Tondo e il centro-sinistra di Debora Serracchiani, invece il terzo incomodo scompagina tutte le carte riaprendo ogni ipotesi per le regionali che si terranno il 21 e 22 aprile, anche quella di un presidente della Regione targato Movimento 5 Stelle (sarebbe il primo caso in Italia). Mentre il nuovo Parlamento sarà chiamato a gestire la difficile contingenza politica e a regolare i giochi per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, in Friuli Venezia Giulia il “tripolarismo” di una Seconda repubblica morta e di una Terza che deve ancora nascere “resetta” le trattative fin qui condotte, riassegna nuovi pesi e sarà inevitabilmente condizionato dagli umori che si manifesteranno nel Paese nei prossimi due mesi.

Centro-sinistra

Sulla giornata dello “smacchiatore di giaguari” è caduta una doccia fredda, sia dai dati nazionali, sia da quelli regionali. I sondaggi della vigilia, inaffidabili quanto gli exit poll, assegnavano 2,5 punti percentuali di distacco a favore di Bersani in Friuli Venezia Giulia. Se nel riparto dei senatori il risultato in ogni caso premia il centro-sinistra, con un Pd piglia-tutto e Sel agonizzante, il bilancio politico è ben diverso, perché il ridotto scarto percentuale tra le coalizioni non dà alla Serracchiani alcun vantaggio. Non è, in sostanza, sulla cresta dell’onda, come lo fu Renzo Tondo alle politiche di 5 anni fa. Bersani non replica nemmeno l’election day del 2008, scendendo di 5 punti. C’è una coalizione da ricostruire e disperatamente allargare, ma con spazi di manovra decisamente risicati. Libertà civica (lo dimostrano i dati del 2008) pesca nello stesso bacino elettorale del centro-sinistra, mentre Italia dei valori, già dichiaratasi a sostegno della Serracchiani, può portare ben poco visto che la coalizione di Ingroia si è fermata al 2 per cento. È necessario, quindi, sfondare e tentare l’alleanza al centro: ma basterà?

Centro-destra

Specularmente Renzo Tondo vive in queste ore le medesime angosce. È ben vero che Silvio Berlusconi, con una campagna aggressiva e populista, è riuscito a rimanere al centro del gioco, dopo che era stato dato per rottamato - e questo è di per sé un successo -, ma il benefit in Friuli Venezia Giulia è del tutto irrilevante. A differenza di Veneto e Lombardia, infatti, il centro-destra è tutt’altro che vincente, un aspetto ancora piú paradossale se si pensa che qui non si sono visti gli scandali che hanno travolto il consiglio regionale lombardo. È un centro-destra, peraltro, che si gioca il sorpasso in discesa con la coalizione avversaria. In cinque anni ha quasi dimezzato i voti (le politiche del 2008 registravano un 48,46 per cento di consensi alla coalizione) con un’equa ripartizione tra Pdl e Lega, il primo inchiodato al 20 per cento, la seconda prosciugata dal voto di protesta che è andato a Grillo. È chiaro che con questi numeri e una politica nazionale che condizionerà il sentiment della popolazione è difficile che il valore aggiunto del presidente e tantomeno la scelta regionalista, cosí come impostati prima del voto di domenica, potranno garantire la differenza. Serve, anche in questo caso, allargare gli spazi elettorali, in una sfida all’ultimo voto.

Grillini

È finito il tempo della testimonianza: Saverio Galluccio, il candidato presidente del Movimento 5 Stelle, non è piú il portacolori della protesta, destinato, peraltro, nemmeno a entrare in consiglio regionale, visto che il terzo in termini di voti non ha accesso, in base alla legge elettorale, al seggio garantito. Anzi, giocandosi a pieno titolo la vittoria, potrebbe essere colui che scalza uno dei due competitor dei poli tradizionali costringendolo non solo alla sconfitta, ma anche all’esclusione dall’assemblea legislativa. I grillini sono il primo partito e oscillano, a seconda che si consideri Senato o Camera, tra il 25 e il 27 per cento a un’incollatura da centro-destra e centro-sinistra inchiodati sotto il 30 per cento.

Il Movimento 5 Stelle è sulla cresta dell’onda e il precedente di Parma spiega come questo abbia influito nella vittoria al ballottaggio dei grilli. Se il leader nazionale non sbaglierà un colpo a Roma e quello locale si accrediterà come un leader affidabile che giustifichi il “tutti a casa”, ogni scenario è potenzialmente aperto in Friuli Venezia Giulia dove vota meno di un milione di persone. Un movimento - lo si vede dalla differenza nei consensi tra Camera e Senato - che sancisce il black out generazionale in un’Italia nella quale i giovani scelgono la protesta e gli anziani premiano la continuità con schemi bocciati come vecchi.

I montiani

La coalizione esce con le ossa rotta dal voto: inutile dal punto di vista degli equilibri parlamentari, relegata a un modesto 10 per cento. In Friuli Venezia Giulia il risultato è di un paio di punti migliore, ma non certo da Terzo polo determinante. Anche perché l’aggregato, giocato tutto sulla personalità del premier, Mario Monti, ora non potrà che vedere acuite le tante contraddizioni in parte sopite nel corso della campagna elettorale. Chi conduce i centristi tra Livenza e Isonzo? Alessandro Maran che proviene da una solida storia di sinistra? Il neurologo Gianluigi Gigli, schierato su posizioni conservatrici? Il sempreverde Ferruccio Saro, re delle alchimie e dei giochi di potere? L’ex Pd Gianfranco Moretton che fin qui aveva perorato un terzo polo autonomo alle regionali che non ha consistenza nei numeri? L’Udc, dalle diverse anime, in eterna contrapposizione tra Compagnon e Anzolini, ma elettoralmente oscurato dalla civica di Monti? Il Fli che non è piú neanche l’ombra di un leader, Gianfranco Fini, un tempo fra i piú popolari in Italia? Il rischio reale è che la somma di tante anime mostri drammaticamente, sull’onda di un Parlamento balcanizzato, tutti i suoi limiti, fino a far implodere il centro. Di converso, una scelta unitaria dei montiani alle regionali, attraverso un’alleanza col centro-destra o il centro-sinistra, potrebbe fare la differenza anche se con l’incognita di un ulteriore dimagrimento dei voti per effetto dello schierarsi con uno dei due poli tradizionali.

Amministrative

Va infine rammentato che il 21 e 22 aprile si voterà pure per le amministrative con una Provincia in scadenza, quella di Udine, il capoluogo friulano e altri 12 municípi. I dati della Sinistra Tagliamento, piú che quelli di Udine, fotografano il quadro tripolare regionale che legittima ogni risultato. In gran parte dei Comuni in scadenza, poi, i grillini sono il primo partito, tanto che possono legittimamente candidarsi al governo. Nelle amministrazioni comunali, però, piú che in Provincia, contano i rappresentanti locali e la loro credibilità. In piú c’è un fattore che va preso in considerazione ed è quello dell’affluenza - e ciò vale anche per le regionali - che sarà significativamente in calo senza il trascinamento mediatico delle politiche. Un’altra variabile, che si somma a tutte le altre elencate, che renderà incerta la competizione del 21 e 22 aprile.

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