Investimenti e innovazione, il gruppo Danieli vola

BUTTRIO. Al netto della congiuntura, che è negativa causa la fase recessiva che ha investito il settore dell’acciaio, il Gruppo Danieli cresce.
Un risultato possibile grazie all’impegno costante e agli investimenti, importanti, in ricerca, innovazione, sviluppo, alla ricerca di nuovi mercati e di nuovi prodotti, e all’espansione in settori, come l’alluminio, competitor dell’acciaio ma per Danieli ormai complementare.
A dirlo sono i numeri, con un portafoglio ordini da 3,15 miliardi di euro, in crescita del 2 per cento rispetto al 2014, e una serie di commesse «come quella in Algeria - ricorda Franco Alzetta, direttore generale di Danieli - che abbiamo appena avviato e che ci impegnerà per i prossimi due anni, o come i lavori in fase di ultimazione negli Usa e in India, e confidiamo nella fine dell’embargo per la Russia, misura che oggi sta bloccando alcune importanti commesse acquisite in quel Paese».
«L’economia mondiale - ha spiegato Alzetta - è in una fase di stasi, se non di recessione, e il mercato siderurgico in particolare sta vivendo un momento di crisi in quanto la capacità produttiva supera la domanda. Da qui - ancora il direttore generale - la flessione del fatturato che si evidenzia in bilancio (Danieli chiude l’anno contabile il 30 giugno, ndr)».
Nei 12 mesi il Gruppo ha realizzato ricavi per 2,76 miliardi di euro, contro i 2,94 del 2014, -6 per cento. Il margine operativo lordo è sceso del 19 per cento a 250,5 milioni (contro i 308,8 dell’esercizio precedente). L’utile di esercizio, invece, è cresciuto del 5 per cento a 161,7 milioni di euro (contro 153,6).
Le prospettive di breve sono positive, con un portafoglio ordini importante che incrementa del 2 per cento, determinato da scelte strategiche di «ingresso in altri settori, come quello dell’alluminio - ha spiegato Alzetta - che è una delle opzioni per compensare la flessione del mercato di riferimento principale».
Segno meno per l’organico di gruppo, che cede il 4 per cento da 11.424 a 10.954 dipendenti, determinato da un’ottimizzazione portata avanti soprattutto in Asia dove Danieli era cresciuta molto negli ultimi anni (in Cina, India e Thailandia) e dove, causa la contrazione anche di quel mercato, ha dovuto adeguarsi al nuovo trend.
È di pochi giorni fa la notizia dell’acquisizione, da parte di Danieli, di Fata, attiva nella progettazione di impianti industriali, con società sussidiarie in Usa, Cina e India, 200 dipendenti e ricavi per circa 150 milioni di euro, specializzata nella progettazione di impianti industriali chiavi in mano.
In che modo questa operazione si inserisce nella strategia del Gruppo? «Attiene alle azioni di consolidamento - risponde il dg - nel mercato dell’alluminio che per noi diventa ovviamente un mercato importante di rimpiazzo di spazi che perdiamo nel segmento siderurgico. Fata - prosegue Alzetta - ha diversi brevetti e una tecnologia di nicchia che noi non abbiamo e un settore di gestione di commesse “chiavi in mano” molto interessante».
Siglata anche un’intesa con Alcoa per la tecnologia Micromill per la produzione di alluminio speciale, più leggero e resistente. Ma non è stata un’operazione propedeutica all’avvio di “fabbriche Danieli” dedicate. «Il nostro interesse riguarda la fornitura di impianti per la produzione di questo alluminio speciale, mentre Alcoa si occupa direttamente della produzione pur essendo disponibile a cedere in licenza ad altri, limitatamente ad alcuni mercati».
L’export cinese avanza rapidamente anche nel comparto siderurgico, una “marcia” «a cui dovremo abituarci - secondo Alzetta - e rispetto alla quale dovremo anche reagire». E l’unico modo in cui è possibile farlo «è nella capacità di innovare e creare prodotti diversi da quelli cinesi e ritagliare così nicchie di mercato di eccellenza».
Un esempio arriva dal Giappone, in cui non c’è importazione di acciaio «e non per politiche protezionistiche, dazi doganali o misure anti-dumping, ma perché il sistema giapponese ha creato specifiche per l’acciaio nazionale che solo i giapponesi sanno realizzare. L’Europa - secondo Alzetta - sta cercando di fare la stessa cosa: individuare prodotti e processi diversi, attrattivi per gli utilizzatori e che consentano di continuare a privilegiare un prodotto nazionale rispetto all’export cinese».
Infine l’alluminio, il “grande concorrente” dell’acciaio, si conquisterà spazi «sia nel settore dei prodotti lunghi che nel settore piani - è l’opinione del dg di Danieli -.- Nel primo rimpiazzerà il rame nella trasmissione di energia elettrica perché costa meno ed è più leggero, nel secondo beneficerà del trend positivo del settore aeronautico e del trasporto (aerei e treni) e in parte acquisirà quote nel settore automobilistico».
Ma l’acciaio non sarà “bandito” perchè «si stanno ricercando nuovi prodotti che possano competere con l’alluminio, più leggeri ma più resistenti».
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