Inps non pagata, ma garantiti gli stipendi

SACILE. Avevano omesso di versare circa 30 mila euro di ritenute all’Inps, allo stesso tempo avevano fatto i salti mortali pur di corrispondere ai dipendenti delle buste paga regolari. Ieri due coniugi originari di Sacile sono stati assolti dal tribunale di Treviso perché il fatto non costituisce reato.
Roberto Segatto, 56 anni, e la moglie Edi Marcon, 55, erano stati condannati nel 2014 con un decreto penale emesso dal giudice per le indagini preliminari di Treviso. L’Inps aveva segnalato le omissioni relative al 2008 e al 2009 quando marito e moglie erano a capo di alcune aziende di meccanica attive nel Trevigiano. Una di queste contava 12 dipendenti e navigava da tempo in brutte acque finanziarie. I due imputati si sono opposti alla condanna d’ufficio e, assistiti dagli avvocati Pietro Ragogna e Fabiano Filippin del foto di Pordenone, hanno chiesto d’essere processati. Ieri mattina, davanti al giudice Leonardo Bianco, è stato sentito il curatore fallimentare dell’attività, il cui crac era stata dichiarato nel 2010. Il commercialista e altri testimoni hanno confermato i mancati versamenti a favore dell’ente previdenziale ma con dei distinguo: la coppia di imprenditori aveva venduto anche la casa pur di onorare i debiti e non aveva mai fatto mancare le paghe ai lavoratori. Solo nell’ultimo periodo, quando ormai il default era inevitabile, la carenza di liquidità aveva compromesso il Tfr e alcune mensilità di emolumento. Grazie all'impegno personale di Segatto e della Marcon, la curatela era riuscita a saldare ogni pendenza durante la successiva fase fallimentare. In pratica, la coppia ha ceduto ai creditori ogni bene di famiglia, ripartendo da zero con una nuova azienda. Lo stesso pubblico ministero ha insistito per l’assoluzione, dichiarata dopo alcuni minuti di camera di consiglio dal giudice Bianco perché il fatto non costituisce reato.
La vicenda giudiziaria dei coniugi sacilesi presenta anche un altro aspetto. Si sono costituiti parte civile in un procedimento che si chiuderà il 7 febbraio davanti al tribunale collegiale di Udine. Il fallimento delle loro società sarebbe stato agevolato da alcune irregolarità attribuibili al loro ex commercialista, Giulio Comelli, con la collaborazione di alcuni sedicenti banchieri di origine ebraica. Secondo il capo di imputazione, Roberto Segatto ed Edi Marcon si erano rivolti a Comelli per uscire dalla crisi del settore della meccanica. Il gioco di “scatole cinesi” nel quale vennero coinvolti i due coniugi e numerose altre parti civili aveva portato al definitivo tracollo delle attività.
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