Incontro dopo l'incidente aereo sul monte Sernio

MOGGIO UDINESE. Una missione di guerra sulle montagne friulane conclusa tragicamente, il sogno di un bambino di diventare “archeologo dell’aria”, ricercatore dei resti degli aerei caduti durante il secondo conflitto mondiale.
Sono due storie che Internet ha annodato superando barriere di tempo, di luoghi e di memoria e che ora emergono dalla rete per svelarsi in un incontro tra due uomini: il nipote inglese di una delle vittime di quella missione aerea e l’”archeologo dell’aria” che il suo sogno ha in buona parte realizzato.
Si ritroveranno ai primi di giugno al rifugio Grauzaria, in quel di Moggio, a tre ore di cammino dal punto in cui cadde l’aereo nell’estate del 1944, nell’urto con la spalla sud-est del monte Sernio. L’uno, Geoffrey Elliott, nipote dell’ufficiale navigatore Daniele Joseph Christensen, residente in Gran Bretagna, renderà omaggio alla memoria dello zio; l’altro, Tiziano Scarsini, originario di Illegio, residente a Udine, alpinista, affascinato da sempre dalla storia scritta dalla tragedia bellica sulle nostre montagne, avrà la possibilità di vivere l’emozione dell’incontro e arricchire il suo dossiér in presa diretta, attraverso la voce e i ricordi del nuovo amico.
Testimoni e in qualche misura parte in causa, saranno i gestori del rifugio Grauzaria Loretta Di Gallo e Federico Scarso. Sono stati loro, infatti, dopo che Tiziano aveva apposto una targa sul Sernio, in memoria dell’equipaggio, a scovare sul web che la notizia aveva varcato la Manica e che dall’isola di Wight, qualcuno, Geoff, appunto, cercava di saperne di più sulla tragica morte dello zio.
Ma di fili, in questa storia, ne spuntano altri, sempre attraverso la rete, addirittura dalla Nuova Zelanda, patria del comandante dell’equipaggio e pilota del Dakota III KG752, Leslie Thomas Whitaker. La sua ex fidanzata, ora ultraottantenne, Geraldine, si è messa in contatto con Tiziano e gli ha inviato notizie e foto, tra cui appare una giovanissima Geraldine, nel suo vestito a fiori, il volto incorniciato da riccioli. «Ecco – scrive Geraldine – è questa la foto che avevo dato a Les prima della sua partenza per l’Europa e che lui conservava nel suo portafogli».
Non sappiamo se quella foto sostenne Les nella lucida agonia prima della fine. Sappiamo però che uno dell’equipaggio sopravvisse per qualche tempo alla morte tanto da cercare di iniettarsi una fiala di antidolorifico: il suo corpo fu infatti trovato con accanto il pacchetto di automedicazione che ogni aviatore portava con sé.
Les Whitaker aveva al suo fianco, nella missione, con l’ufficiale navigatore Christensens, altri tre inglesi il sergente Henry Francis Bolt e gli ufficiali Maurice Sims e James John Walsh di appena 21 anni.
Morirono la notte tra il 21 e il 22 agosto del 1944. Avevano decollato da Bari per una missione di supporto alle forze partigiane che operavano nel Nord-Italia. La loro destinazione era la valle di Lunge, sopra Illegio. Erano attesi, per paracadutare materiale, da una formazione della Divisione Garibaldi al comando di “Barba Toni” (Mario Candotti) e da due ufficiali, uno inglese e uno americano, il cui compito era quello di coordinare il lancio da terra dove erano stati accesi i falò di segnalazione.
Doveva essere routine e invece fu tragedia. Durante la seconda virata sopra il Sernio, prima di abbassarsi sulla valle, ci fu l’impatto. L’ala sinistra urtò la spalla sud-est del monte Sernio a 1.950 metri di quota, poco sotto la cima. Lo schianto, il bagliore del fuoco, gli scarni comunicati tra le forze alleate per segnalare il dramma. Solo nella primavera del 1945 una missione inglese assieme a gente di Lovea recuperò i resti dell’equipaggio che risulta siano sepolti nel cimitero di Tavagnacco.
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