Incidente aereo, disposta l’autopsia per Vescovo

Il docente universitario di 65 anni era alla guida del velivolo schiantatosi a Caorle È morto con l’amico Franco Mura. Indaga pure l’Agenzia per la sicurezza del volo

LATISANA

Sgomento e dolore a Latisana e nel Veneto per la morte di Roberto Guglielmo Vescovo, 65 anni di Latisana, veronese di origini e docente all’Università di Trieste, e Franco Mura, 70 anni di Campagna Lupia. Vescovo aveva vissuto anche a Udine e dopo il matrimonio ha preferito spostarsi con la moglie nella cittadina della Bassa. Era docente di campi elettromagnetici. La morte è arrivata in un incidente aereo a Caorle. Vescovo pilotava l’aereo. Doveva acquisire ore di volo per rinnovare il brevetto. Lo schianto sarebbe avvenuto in un tentativo di atterraggio di emergenza. Il magistrato Andrea Del Missier, della Procura di Pordenone, prima di incaricare un perito di fiducia per l’analisi dei rottami del velivolo, ha affidato l’incarico per eseguire l’autopsia sui due corpi, domani alle 19, nell’istituto di medicina legale in via Friuli, accanto all’ospedale a Portogruaro, dove si trovano le salme.

Ieri erano seduti attorno a un tavolo i soci dell’Alicaorle. Tra loro anche alcuni esponenti del club Volo al mare. «Siamo qui a piangere i nostri amici. Siamo affranti – ha riferito Mauro Di Biaggio –. Quale è stata la causa? Non lo sappiamo. Sappiamo che sono state avviate due inchieste. Il tragico evento, come quello che ha stroncato la vita a Franco e Roberto, non arriva all’improvviso. Si verifica per tutta una serie di cause, che vanno analizzate compiutamente. Di sicuro, loro stavano tentando un atterraggio d’emergenza».

«Franco e Roberto li conoscevamo bene – hanno detto quanti sono intervenuti per primi sabato –, si può dire fossero come fratelli. Roberto ci ha accolto sabato con il suo inconfondibile sorriso. Era davvero felice. Abbiamo aiutato lui, proprietario del veicolo, a trasferire il mezzo fuori dall’hangar. Lui e Franco Mura hanno fatto il solito giro. Mentre loro volteggiavano noi siamo andati a mangiare a pranzo, in una trattoria qua vicino. E di solito, non lo facevamo mai, perchè mangiavamo sempre, tutti assieme. Sempre insieme».

Non ci sono testimoni diretti. «Noi – concludono gli amici – stavamo rientrando all’aviosuperficie Alicaorle quando ci siamo accorti che c’erano soccorritori attorno a un campo. Abbiamo notato l’aereo di Vescovo e ci siamo subito precipitati a vedere. Erano già morti». A questo si aggiunge un ricordo particolare di Di Biaggio. «Roberto era davvero un grande nel suo campo, l’insegnamento. Una cima assoluta, un genio incredibile. Era apprezzato per le sue ricerche e molto a livello internazionale».

Le condizioni di volo erano ideali: giornata bella, niente vento. Vescovo e Mura hanno provato ad atterrare su un’allungata distesa di campi, attorno solo una casa colonica. La manovra però non è riuscita.

L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) ha aperto un’inchiesta sull’incidente, disponendo l’invio di un proprio investigatore. È arrivato ieri pomeriggio e si è messo al lavoro per analizzare i rottami. Nel corso del pomeriggio di sabato ha aperto un fascicolo anche la Procura di Pordenone.

«Apprezziamo la decisione di disporre l’autopsia – hanno detto i soci dell’Alicaorle –, è giusto capire anche da un esame autoptico come siano andate le cose».

Il velivolo era un Sia Marchetti Sf 260 di proprietà del docente universitario. Vescovo lo conservava come un gioiello nell’hangar dell’aviosuperficie da anni. Non è un ultraleggero, ma un vettore di tipo militare usato dagli allievi delle scuole di volo destinati a pilotare i caccia. Aveva doppi comandi. «Questo vettore – ricorda Di Biaggio – è di carattere sportivo ed era utilizzato anche per addestramenti militari. Non può essere considerato un aereo militare». —

R.P.

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