In tanti per l'ultimo saluto a Marco Giovannelli

CORDOVADO. Descrivere cosa hanno provato le oltre 500 persone presenti al funerale di Marco Giovannelli è impossibile. Ognuno dei partecipanti porterà un proprio ricordo, una propria emozione. Per sempre.
I funerali del ventenne maitre e calciatore della Spal, residente a Casette di Sesto al Reghena, si sono trasformati in una celebrazione autentica di un ragazzo giovane ed esuberante, ma con la testa sulle spalle e forgiato da valori che vanno spegnendosi.
Sarà stata la giornata di sole, sarà stata la musica delle pianole e delle chitarre nel duomo di Cordovado, con accompagnamento di tre cori, ma alla fine è prevalsa, paradossalmente, una sensazione di serenità, sul dolore. A suo modo Marco vivrà in ognuno. Nel cuore del fratello Luca. Negli occhi dei genitori Massimo e Lavinia.
Il feretro è stato accolto da due ali di folla. Tra i presenti, molti militari colleghi del padre, il colonnello Massimo Giovannelli, al Rigel di Casarsa.
All’esterno del duomo erano stati affissi dei cartelli con alcuni messaggi dei compagni di classe della quinta D del liceo Le Filandiere di San Vito, ed è stato riappeso anche il cartellone che i suoi amici avevano preparato per la festa dei suoi 18 anni. A contorno tante, tantissime foto, con le pose più disparate e divertenti.
Dopo il Vangelo secondo Giovanni, in cui Gesù sottolinea di essere «via, verità e vita», don Guido Parutto ha preso la parola. «La vostra presenza testimonia la partecipazione al dolore dei familiari. Dio ci chiama alla prova. La morte non ha età, signori, può raggiungerci in qualsiasi momento e in ogni circostanza. Cerchiamo sempre di respingerla, ma poi dobbiamo fare i conti con essa.
Non si possono chiudere gli occhi e non vedere. La morte ci fa piangere. Noi condividiamo il dolore. Marco aveva trovato un lavoro, era contento di quello che faceva. Diciamo ai genitori e al fratello che vogliamo essere loro vicini, anche dopo.

Siamo qui per pregare il Signore, affinchè doni l’aiuto per affrontare la morte di Marco con serenità. Vorrei che questo evento diventasse occasione di riflessione. È vero che la vita non è semplice, l’orizzonte appare buio. La morte di Marco non ci lascia indifferenti».
Molti hanno firmato il registro delle partecipazioni, domando un contributo alla Via di Natale. Al termine del rito hanno preso la parola il compagno di squadra della Spal Stefano Stocco, il fratello Luca, il padre, le insegnanti.
«Mi sento molto fortunato a essere cresciuto con Marco, speciale. Non concepisco la vita senza la sua presenza – ha detto Stocco –. Siamo stati a scuola a Cordovado e San Vito. E poi abbiamo giocato alla Spal. Marco è un fratello. Marco, è impossibile dimenticare la tua voglia di vivere.
Non potremo più vedere il tuo sorriso. La nostra classe era tale, perché c’eri tu. Porteremo con noi il tuo bisogno d’affetto. Grazie per aver reso ogni anno di liceo il più bello».
Il ricordo degli insegnanti ha evidenziato un Marco più intimo, «tenero coi più fragili e desideroso di migliorarsi, sempre”». Il fratello Luca: «Entrare in camera di Marco è sempre una grande esperienza. Sapevamo di essere molto legati. Sento il tuo cuore, Marco, battere nel mio.
Ti volevo un bene immenso, ma non sono mai riuscito a dimostrarlo. Ti ho sempre difeso. Pagherei oro per salutarti un’ultima volta. Ti stimavo sempre di più. Saremo insieme per sempre, fratello. Ti hanno premiato: sei accanto a Dio».
«Figlio mio, amore mio – ha invocato il padre Massimo – mai avrei pensato di salutarti così. Vorrei averti qui per dirti quanto fossi importante. Avevi grandi valori e volevi costantemente migliorare. Hai onorato qualsiasi tipo di lavoro. Tu come una spugna assorbivi tutto.
Avevo scritto una lettera per te. Scrivevo “cerca di essere onesto, rispetta chi è al tuo fianco, rivolgi uno sguardo al cielo, a quel Dio che ti ha regalato la vita”. Eri speciale, come dice quella famosa canzone, in cui si cantava “avrò cura di te”. Ora sarai il maitre in un hotel di soli eletti. Marco, ero così orgoglioso di te. Sarai sempre con me, spero di rivederti, un giorno. Tuo padre».
Sulla bara dello sfortunato giovane, la maglia della Spal, firmata dai giocatori. Stefano Scotto, al termine del rito, l’ha consegnata alla madre Lavinia, mentre il suono delle campane scandiva i rintocchi di tristezza, dolore e malinconia che, innegabilmente, prendevano il sopravvento nel cuore degli amici.
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