In regione si spende un miliardo e 300 milioni al gioco d’azzardo

UDINE. Milletrecentoquarantotto milioni di euro in un anno. Un numero spaventoso se si pensa che è riferito al volume del gioco d’azzardo in Friuli Venezia Giulia riferito al 2015 reso noto dall’osservatorio sulle dipendenze della Regione Friuli Venezia Giulia.
Soldi giocati, scommessi, “grattati”. In molti, troppi casi persi del tutto assieme a interi patrimoni e famiglie distrutte. E poco importa se esiste anche il dato relativo alle vincite: quelle servono solo per sfidare ancora infinite volte una sorte beffarda. Finchè non rimane più nulla. Il gioco d’azzardo è una patologia che colpisce tutte le fasce d’età; le più sensibili risultano adolescenti e anziani. Ma non risparmia neppure i bambini.
Di questo si è parlato nel corso del convegno «Gioco d’azzardo patologico, dalla neurobiologia sperimentale alla clinica» organizzato martedì pomeriggio all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. «Il gioco d’azzardo – si legge nella relazione di Giovanni Biggio, coordinatore del progetto Neurogap e professore di neuropsicofarmacologia all’Università di Cagliari – è ormai molto diffuso anche nel nostro Paese e può sfociare in una vera e propria dipendenza comportamentale.
Questa condizione è ormai riconosciuta come un disturbo compulsivo complesso, cioè una forma comportamentale patologica che può implicare gravi disagi per la persona, derivanti dall’incontrollabilità del proprio comportamento di gioco e contemporaneamente la possibilità di generare seri problemi sociali e finanziari».
Ma la notizia sconcertante è che ultimi anni ne risultano coinvolti sempre più anche i bambini che in termini percentuali rappresentano una quota di mercato sempre più importante. Ed è l’utilizzo improprio e incontrollato di internet concesso dai genitori ad essere il peggior imputato. Già a 8-10 mesi ad un bambino viene data la possibilità di navigare indisturbato su un tablet senza adeguato controllo, in compagnia – o in balìa – di tutto ciò che il web di bello e di brutto può offrire.
Ed è così che si incappa nei siti che propongono vincite facili, scommesse, dove è sufficiente inserire un codice fiscale e pagare via bancomat magari chiesto in prestito ai nonni con la scusa dell’acquisto di un libro o di un regalo.
«Strettamente collegato al gioco d’azzardo è il cyberbullismo» spiega ancora il professor Biggio. Comune denominatore è la dipendenza da internet che ne implica anche un utilizzo distorto. «La prevenzione va in iniziata al più presto» sottolinea Giovanni Serpelloni, University of Florida - Drug policy Institute, Department of Psichatry in the college of Medicine - anche individuando per tempo alcune caratteristiche di vulnerabilità: dall’iperattività, al deficit di attenzione all’aggressività. Segnali precoci, questi, che possono rivelare un’attitudine a sviluppare vari tipi di dipendenze, da quella da gioco alla sperimentazione di droghe».
Arginare questi fenomeni è difficile ma non impossibile. In primis conta la famiglia che deve essere capace di captare certi segnali di sofferenza, in seconda battuta sono le scuole a rivestire un ruolo di grande responsabilità nell’educazione dei ragazzi.
Ma è l’intervento specialistico che si rivela fondamentale nei casi di dipendenze già conclamate. E sempre in tema di prevenzione aggiunge Serpelloni «esistono appositi test genetici capaci di fornire indicazioni su eventuali predisposizioni a sviluppare dipendenze». Molto diffusi in America, per nulla in Italia, almeno per ora.
A livello regionale il trattamento del gioco d’azzardo patologico è svolto in tutti i servizi territoriali. Sono presenti équipe composte da diverse figure professionali che garantiscono percorsi di cura che includono colloqui psicologici, sostegno sociale e familiare, gruppi di auto aiuto e altro ancora.
Relativamente all’utenza pervenuta e presa in carico dalle Aziende Sanitarie nel 2016 sono stati registrati 421 utenti, dei quali oltre il 75 per cento risulta essere di genere maschile. Il dato si conferma in costante crescita comparato con i numeri degli anni precedenti (anno 2013 335 utenti, anno 2014 390 utenti). Il presidio di Udine risulta abbastanza giovane: inaugurato nel 2013, attualmente all’attivo 10 gruppi in trattamento. Prima di allora era presente la struttura di Campoformido coordinata dal dottor Ronaldo De Luca.
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