In provincia migliaia di armi, soltanto uno su due è in regola

Le nuove norme impongono di presentare un certificato medico per il porto sportivo. Il termine è scaduto il 4 maggio: la Questura invita a provvedere per evitare la revoca

UDINE. C’era anche Claudio Giardiello, l’autore del massacro dello scorso 9 aprile al Tribunale di Milano, tra i 397 mila italiani che possiedono una licenza di porto d’armi per uso sportivo. E se si sprecano le riflessioni sulle conseguenze della facilità di armarsi nel nostro Paese, parlano chiaro i dati. Che fotografano un vero e proprio boom di iscrizioni ai poligoni di tiro.

A Udine sono raddoppiate rispetto al 2014. Dall’inizio dell’anno ci sono stati ben 100 nuovi iscritti ai corsi base per imparare a maneggiare un’arma.

«Sbagliato e fonte di allarmismi» collegare il fenomeno alla paura della criminalità, chiarisce la Questura. Meglio si spiega come effetto della nuova normativa sulla detenzione delle armi, che obbliga alla stessa prassi prevista per il porto d’armi a uso sportivo.

É scaduto il 4 maggio l’ultimo termine per mettersi in regola: «Chiunque possieda un’arma deve presentare un doppio certificato medico, sottoponendosi a visite mediche di base e specialistiche che attestino i requisiti psico-fisici adeguati - ricorda il Questore Claudio Cracovia - la nuova normativa è più stringente e consente di avere un controllo rigoroso su chi possiede un’arma e su chi intende richiedere il porto d’armi. L’aumento delle domande non è affatto connesso alla paura, ma semplicemente all’applicazione della legge».

Tradotto, chi è legato alla vecchia carabina ereditata dal nonno, ora deve presentare tutta la documentazione per poterla detenere. Ma al momento solo un proprietario su due ha presentato il certificato. Migliaia di persone rischiano quindi la revoca del porto d’armi e/o il sequestro delle stesse. Nei centri specializzati le visite mediche sono state prenotate fino a luglio: per molti quindi si tratta di un semplice ritardo ma per evitare provvedimenti, la Questura invita a comunicare la prenotazione delle visita motivando così il ritardo nella consegna dei documenti.

Altri invece con l’occasione hanno deciso di chiedere il porto d’armi e imparare a sparare. «È in crescita, infatti, anche interesse per questa disciplina sportiva, soprattutto tra le donne, che sempre più numerose si iscrivono ai corsi per imparare a maneggiare arma» confermano dal poligono. Ma ci sono anche tanti giovani, e pensionati. «Certo, la componente sicurezza derivante dall’avere un’arma in casa esiste, ma non è catalogata».

Non esiste, invece, un dato ufficiale su quante persone armate ci siano nel nostro Paese. L’ultima indagine di Eurispes è datata 2008 e parla di 10 milioni di armi per oltre 4 milioni di famiglie. C’è da dire, però, che solo il porto d’armi per difesa personale permette di girare per strada con l’arma in tasca e viene concessa in rarissimo casi, a chi ha un bisogno giustificato di difesa. E in ogni caso è sempre la questura ad accertare la rettitudine del richiedente.

Ecco che l’obbligo di mettersi in regola consentirà anche un monitoraggio rigoroso. Ma l’iter comporta una spesa non da poco che, tra certificati, corso base, e marche da bollo, si aggira sui duecento euro. Chi non vuole affrontarla può scegliere di dismettere l’arma, riconsegnandola alle forze dell’ordine che poi la porteranno a distruzione.

Secondo i dati riferiti dalla Questura di Udine, sono state oltre 800 le richieste di porto d’armi già pervenute solo dall’inizio del 2015, contro le 600 del primo semestre del 2014. 150 i nulla osta già rilasciati. Si tratta per lo più di domande per uso sportivo, tiro a volo o caccia.

«Si sono triplicate in seguito alla nuova legge che dispone l’obbligo del certificato medico per la detenzione così come per il porto d’armi a uso sportivo - spiega la responsabile dell’ufficio porto d’armi della Questura, Graziella Colasanto - il lavoro è aumentato in maniera esponenziale tra richieste i cessioni e nuove detenzioni da parte di persone che devono mettersi in regola».

Oltre 200, invece, le armi già portate a distruzione tra gennaio e marzo. A riconsegnarle, soprattutto anziani che «non riescono a sostenere il costo delle procedure o che magari non hanno più interesse a tenere l’oggetto in casa, o che non se la sentono».

Intanto, gli affari per le armerie vanno a gonfie vele, conferma Nicoletta Fontana, dell’omonima armeria di Udine: «Vendiamo bene, non possiamo lamentarci» afferma.

Le più vendute sono le armi corte, pistole per il tiro a volo. Una disciplina d’élite, visto che il prezzo degli oggetti può variare da un minimo di 300 euro a un massimo di sei mila euro. «Ne stiamo vendendo molte, c’è un interesse sempre maggiore verso questo sport - spiega Fontana - è chiaro che avere un’arma in casa aumenta la sicurezza percepita, ma le persone che vengono da noi non decidono di armarsi per questo, ma perché sono interessate al tiro a volo o alla caccia. Una passione che stanno scoprendo soprattutto le donne, affascinate dal poligono e dalla voglia di imparare a usare un’arma».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto