In provincia di Udine dieci medici di base sono già andati in pensione, a dicembre altri tre: disagi per le famiglie

UDINE. Dieci medici di base hanno già appeso il camice al chiodo dall’inizio dell’anno. Altri tre lo faranno da qui a dicembre. Abbastanza per far suonare anche a Udine (e nel Cividalese) l’allarme per la carenza dei professionisti: considerando che non tutti i medici di famiglia risultano già sostituiti a colleghi subentrati nella gestione degli ambulatori e che ciascun dottore può seguire al massimo tra i 1.500 e i 1.800 utenti va da sé che il disagio riguarda potenzialmente circa 15 mila pazienti.
A lanciare l’allarme è il presidente dell’Ordine dei medici di Udine, Gian Luigi Tiberio, che si spinge oltre: una proiezione elaborata dallo stesso Ordine professionale stima in 471 i medici di medicina generale destinati ad andare in pensione nei prossimi dieci anni in Friuli Venezia Giulia, più della metà dei 780 professionisti che attualmente si prendono cura delle famiglie che risiedono in regione. Nel Distretto di Udine sono 115 i medici attualmente in servizio.
«Stiamo progressivamente assistendo alla materializzazione di un contesto drammatico, che da grave diventerà gravissimo nel volgere di pochi anni», indica Tiberio. «Abbiamo più volte sollecitato le istituzioni a muoversi per adottare delle contromisure, senza successo. Il problema nasce in parte dalla decisione di chiudere il numero di iscrizioni alle facoltà di Medicina, ma ci sono moltissimi altri motivi che tengono i giovani medici lontani dagli ambulatori: si pensi alle borse di studio, che per i laureati che scelgono il corso di specializzazione in Medicina generale “pesano” esattamente la metà rispetto a quelle dei colleghi che optano per le specialità».
Ci sono poi i tempi, dilatati, per l’ingresso nelle graduatorie: «Ci vuole un anno e mezzo al termine dei tre di frequenza del corso», indica Tiberio, che poi rivela: «Nei giorni scorsi abbiamo accolto una quarantina di giovani alla prima iscrizione all’Albo: di loro, solo uno ha manifestato l’intenzione, e soltanto in seconda battuta, di diventare medico di famiglia».
In un quadro a tinte fosche pesano inevitabilmente gli effetti del Covid: «Parecchi colleghi appaiono intenzionati ad anticipare la quiescenza, normalmente prevista a settant’anni: è un effetto legato inevitabilmente anche alla sindrome da burnout che molti professionisti hanno patito nei mesi di pandemia», evidenzia Fabrizio Gangi, medico di base e direttore del corso regionale che forma i dottori di famiglia. —
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