In pensione in 5 anni 91 medici di famiglia
Dal 1° ottobre andranno in pensione due medici di famiglia, Francesco Rotundo, 68 anni, di stanza a Pordenone e Cinzia D’Agostino, 65 anni, medico di famiglia nell’ambito dei comuni di Travesio, Sequals, Castelnovo del Friuli, Clauzetto, Pinzano al Tagliamento e Vito d’Asio. Questa estate è andato in quiescenza un altro medico di famiglia operativo nello Spilimberghese, Paolo Amorello.
Le fila dei medici di medicina generale pordenonesi si stanno assottigliando anno dopo anno, per raggiunti limiti d’età. Raggiunti i requisiti e le 65 primavere, è possibile scegliere se andare in pensione o proseguire fino allo scoccare dei 70 anni. Il problema del ricambio generazionale è tangibile.
«L’Asfo ha effettuato un’indagine – ha rivelato il presidente dell’Ordine dei medici Guido Lucchini – e ha visto che dal 2018 al 30 giugno del 2023, nella migliore delle ipotesi, ovvero se tutti andassero in pensione a 70 anni, andrebbero in quiescenza 91 medici di base su 200, ovvero quasi la metà. Si tratta proprio di un ricambio generazionale al quale al quale siamo molto attenti e che ci preoccupa nel contempo, perché le risorse che andranno a sostituire questi professionisti sono limitate».
Dal 2018 a oggi è andata in pensione una quindicina, ma la maggior parte dei posti vacanti è stata riempita da giovani professionisti, «neutralizzando la zona carente». «C’è un piccolo divario – ha aggiunto Lucchini – fra nuove assunzioni e pensionamenti, ma il sistema tiene. Gli anni critici saranno il 2022 e il 2023, perché la scuola regionale di formazione specifica, il Ceformed, non sarà in grado di coprire il fabbisogno del territorio. Lo stesso problema esiste nelle specializzazioni degli ospedali, gastroenterologia, ortopedia, medicina interna, pronto soccorso. I fatti dimostrano che quando un medico va in pensione diventa sempre più difficile sostituirlo. Due anni fa è capitato che un concorso per otto posti in pronto soccorso fosse andato deserto».
Ogni medico di famiglia gestisce in media 1.500 pazienti. Lucchini ha elencato le varie opzioni attivate dall’azienda sanitaria per colmare le caselle vuote: l’affidamento di un incarico temporaneo a un medico sostituito estrapolato dalla graduatoria vigente in azienda; al cittadino viene data la possibilità di scegliere un altro medico in un comune limitrofo contiguo; l’incremento del massimale di pazienti per ogni medico da 1.500 a 1.800 pazienti. L’inserimento di un nuovo medico di base scatta d’ufficio nel caso in cui i numeri degli assistiti rimasti senza professionista lo consentano, altrimenti scattano le altre due opzioni.
«Rimane il problema di fondo – ha osservato Lucchini –, tanto dibattuto: la carenza di medici di base va risolta a monte, cioè attivando la giusta programmazione delle risorse umane necessarie, da inserire volta per volta nelle situazioni di necessità. Significa fare in modo che il ministero dell’istruzione e dell’università finanzi le borse di studio per le scuole di specialità per tutti i laureati, comprendendo anche la quota di borse necessarie per la formazione triennale specifica dei medici di famiglia». —
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